Post di Pace...
-
Cari lettori, questa settimana per le STORIE DI PACE , che hanno visto la luce solo oggi in ESCLUSIVA sabato 14 settembre, vi ho fatto un...
mercoledì 16 dicembre 2009
Ma si può portare pace nel mondo, sostenendo la non violenza?
Qualche tempo fame il Presidente degli Stati Uniti d'America Barack Obama, tante volte da me ossannato, ha espresso il suo concetto sulla non violenza, sostenendo che con la non violenza non si va avanti, e non si va a costruire un mondo di pace. Infatti qualche giorno dopo, sostiene l'aumento dei marines nelle missioni di "pace" in Afghanistan e Iraq.
Penso proprio che Obama, abbia una concezione del tutto sbagliata e non si rende conto della gravità delle sue parole. Prima si fa amare con le sue parole, i suoi discorsi, i suoi atteggiamenti, forse spinto dal colore della sua pelle, che ha segnato un "cambiamento" profondo per gli USA; ed ora che fa si ritira?
Io non condivido queste sue scelte politiche influenzate da una situazione politica drammatica, che tendenzialmente sta fondando le sue radici nell'ideale politico di destra, che in alcuni casi degenera in atti di vandalismo, azioni razziali e xenofobe, e storie drammatiche varie.
Dove è finita la democrazia?
La democrazia è una storia che va scritta insieme, lottando e difendendo un puro ideale, che si fondi sulla pace e sulla non violoenza,noi ci dobbiamo ribellare, ribellare, credere in qualcosa di concreto per quale lottare.
Basta con le storie di politici che una volta saliti sulla giostra, si fanno prendere dalla smania di governare e badare solo ai loro interessi, dimostriamo che c'è un popolo che si sa opporre democraticamente, un popolo che ha perso la sovranità popolare, che oggi con viva e ferma decisione dobbiamo riconquistare, dobbiamo ridare al mondo quel che il mondo non ha più.
Troppi anni, Troppi secoli, sono passati e nessuno ancora ha preso spunto dagli errori del passato cercando di non farli, e invece ci troviamo in questa situazione ogni giorno sempre di più.
io mi oppongo e sostengo con decisione la non violenza, unico mezzo per portare la pace nel mondo.
martedì 15 dicembre 2009
L'Honduras, esempio di democrazia per l'Italia
Ma quando nel mondo c'è un colpo di Stato, non possiamo fare a meno di parlarne. E oggi in Italia c'è un colpo di Stato. Non è dato, in democrazia, che un Presidente del Consiglio dei ministri (non un premier, ché in Italia non esiste questa figura e i colleghi giornalisti dovrebbero pensare ai danni che fanno prima di fare andare la penna), che dovrebbe rispondere ad un Parlamento che è l'organo cui il popolo delega la gestione del potere, possa affermare che lui è eletto dal popolo, è duro, ha le palle, e che chi lo contesta è un pericoloso sovversivo.
Non è dato che possa affermare impunemente che sovversivo è l'organo supremo di controllo, la Corte Costituzionale.
In ogni altro posto del mondo, un primo Ministro che sostiene quel che ha sostenuto Berlusconi subirebbe una richiesta di impeachment, che tradotto è "messa in stato di accusa".
Se questo non è accaduto, è perché non c'è un potere di controllo sufficientemente forte. E quindi è saltato l'equilibrio sul quale si era fondata la democrazia fino a ieri. E dunque c'è stato un sovvertimento "violento" delle istituzioni per citare il Presidente Napolitano.
L'ultimo dei quali in ordine di tempo, nel mondo, è avvenuto in Honduras. Ma in quel Paese almeno qualcuno le barricate le ha fatte.
Da Peacereporter.it
lunedì 14 dicembre 2009
Ignobel per la pace
Mentre Obama ritira il Nobel per la pace, il suoi soldati in Afghanistan continuano a uccidere civili innocenti
Amrul è un piccolo villaggio sulle montagne innevate di Laghman, un centinaio di chilometri nordest di Kabul, abitato da poche centinaia di pastori e contadini. Come ormai quasi tutti i villaggi dell'Afghanistan, Amrul è sotto il controllo dei talebani. "Perché gli danno una medaglia per la pace?". Lunedì notte, attorno alle due, decine di soldati delle forze speciali statunitensi accerchiano le case di argilla dell'abitato dove, secondo le informazioni raccolte, si nasconde un 'bombarolo' talebano ritenuto il responsabile di numerosi agguati dinamitardi contro i convogli delle truppe Usa. I talebani, appostati sui tetti delle abitazioni, aprono il fuoco e in un istante si scatena l'inferno. I soldati americani sparano contro tutto quello che si muove, sparando fanno irruzione in alcune abitazioni, uccidendo sette guerriglieri ma anche sei civili, tra cui una donna. Il mattino successivo, partiti i militari Usa, gli uomini di Amrul raccolgono i loro morti e li portano a Mehtarlam, il capoluogo della provincia, per protestare davanti al palazzo del governatore. Dal corteo funebre di protesta si alzano urla contro l'America, contro Obama: "Perché danno a Obama una medaglia per la pace? Dice di volerci portare sicurezza, ma ci porta solo morte! Morte a lui!", urla un parente delle vittime alle telecamere di Al Jazeera. "Morte a Obama! Morte all'America!", gli fa eco la folla attorno a lui alzando i pugni al cielo. La rabbiosa processione degli abitanti di Amrul avanza tra i campi Mehtarlam, ma alle porte della città trova la strada sbarrata dai soldati dell'esercito afgano, il loro esercito. I militari aprono il fuoco contro il corteto, uccidendo tre persone."Ci ha bombardato, ci ha tolto tutto! Non si merita quel premio". La notizia che "il nuovo presidente dell'America" ha ricevuto un importante "premio per la pace" lascia sgomenti la maggior parte degli afgani. Soprattutto quei tanti che hanno vissuto sulla loro pelle il 'nuovo corso' di Obama. Come i parenti delle vittime della strage di Bala Baluk: il villaggio in provincia di Farah che lo scorso maggio è stato raso al suolo dai cacciabombardieri americani. I morti civili, inizialmente negati dai generali Usa, furono 147. I sopravvissuti di quel massacro vivono ancora tra le macerie delle loro case. Una giovane donna se ne sta seduta sulla soglia di un’abitazione semidistrutta, con suo figlio sulle ginocchia. Indossa un velo nero e un abito nero luccicante di perline, ancora in lutto per la morte di un familiare. "Obama non si merita questo premio! Ci ha bombardati e ci ha lasciati senza niente, nemmeno una casa".
La rabbia del cobra. Nawzad è una piccola cittadina che sorge ai piedi delle montagne rocciose dell'Helmand settentrionale, saldamente controllata dai talebani. Da tre anni, prima i gurka nepalesi dell'esercito di Sua Maestà britannica, poi i marines americani, hanno provato a riconquistarla a più riprese, senza mai riuscirci: la città, semidistrutta dai bombardamenti alleati, è ancora saldamente in mano ai talebani. Ora i generali statunitensi hanno deciso di chiudere questo conto in sospeso.Venerdì scorso è scattata la più grande offensiva militare mai sferrata dagli alleati in questa zona: l'operazione 'Rabbia del Cobra'. Mille marines sono piombati sulla Valle di Nawzad con centinaia di carri armati ed elicotteri, ingaggiando l'ennesima battaglia con i talebani. Secondo le prime notizie diffuse dalla Mezzaluna Rossa afgana, ci sono già nove morti accertati tra la popolazione civile, fuggita in massa dalla zona dei combattimenti: circa quindicimila persone hanno abbandonato Nawzad e i villaggi vicini cercando rifugio più a sud, a Grishk e nel capoluogo provinciale, Lashkargah. Un numero di sfollati sufficiente a creare un allarme umanitario, visto che tutte le agenzie internazionali dell'Onu hanno abbandonato da tempo la provincia di Helmand. Un problema che per le forze alleate, semplicemente, non esiste: "In quell'area non c'erano più civili, quindi non c'è nessuno sfollato", ha tagliato corto William Pelletier, un portavoce militare Usa.
McCrystal, generale d'acciaio. Nei giorni scorsi, migliaia di cittadini statunitensi erano scesi in strada a San Francisco, Seattle, Chicago, Boston, Detroit e Minneapolis per protestare contro la decisione del presidente Obama di inviare altri 30mila soldati a combattere in Afghanistan. Piccole manifestazioni pacifiste, dietro le quali però c'è ormai una maggioranza, silenziosa, di americani che non sostengono più questa guerra. Una maggioranza che, all'annuncio dell'escalation, si era consolata con la promessa presidenziale di un ritiro delle truppe Usa da avviare nel giro di un anno e mezzo, a partire dal luglio 2011. Ma anche questa prospettiva consolatoria pare già tramontata: il generale David McCrystal, comandante delle truppe alleate in Afghanistan, ha subito corretto il tiro della propaganda della Casa Bianca: "Luglio 2011 per me non rappresenta un limite fissato, ma la data alla quale valuteremo come procedere. Come potremo ritirarci se la missione non sarà compiuta!", ha dichiarato il generale, chiarendo che, anzi: "Se la violenza dovesse aumentare, rendendo necessarie rinforzi addizionali, li richiederò. Non permetterò che considerazioni politiche influenzino la valutazione sul progresso della missione". Per la serie: siamo in guerra, e in guerra decidono i militari, non i politici. Guerra e democrazia, si sa, non vanno molto d'accordo. Né in Afghanistan, né in America.
giovedì 10 dicembre 2009
tutte le guerre nel mondo...molte delle quali dimenti
Nel mondo sono in corso 25 conflitti. Il quadro della situazione all'inizio del 2009
Clicca sulla mappa per ingrandirla
MEDIO ORIENTE
1. Iraq 135.000 morti dal 2003
2. Israele-Palestina 7.000 morti dal 2000
3. Turchia (Kurdistan) 41.200 morti dal 1984
ASIA
4. Afghanistan 38.500 morti dal 2001
5. Pakistan (Pashtunistan) 12.000 dal 2004
6. Pakistan (Balucistan) 1.300 morti dal 2004
7. India (Kashmir) 65.500 morti dal 1989
8. India (Assam) 51.800 morti dal 1979
9. India (Naxaliti) 7.200 morti dal 1980
10. Sri Lanka 83.000 morti dal 1983
11. Birmania (Karen) 30.000 morti dal 1948
12. Thailandia (Pattani) 3.500 morti dal 2004
13. Filippine (Npa) 40.500 morti dal 1969
14. Filippine (Mindanao) 71.000 morti dal 1984
AFRICA
15. Somalia 7.400 morti dal 2006
16. Etiopia (Ogaden) 4.000 morti dal 1994
17. R.D.Congo (Kivu) 6.000 morti dal 2004
18. Uganda 100.000 morti dal 1987
19. Sudan (Darfur) 301.200 morti dal 2003
20. Rep.Centrafricana 2.000 morti dal 2003
21. Ciad 2.000 morti dal 2005
22. Nigeria (Delta) 14.800 morti dal 1994
23. Algeria 150.500 morti dal 1992
EUROPA
24. Russia (Cecenia) 50 mila morti dal 1999
AMERICA LATINA
25. Colombia 300.250 morti dal 1964
Una continua guerra...e la pace resta utopia...
Cosa, pouò fare della guerra un mezzo democratico per risolvere i problemi? Beh personalmente credo che ogni guerra, che viene combattuta, ogni guerra dmenticata, sia una inutile guerra. Da quando l'uomo è comparso sulla terra, ogni guerra non mai portato democrazia, ma bensi odio rancore e non hai risolto i problemi di un Paese, anzi la situazione e spesso degenerata ed andata sempre peggio. La storia che noi apprendiamo sui nostri libri di scuola, dovrebbe insegnare che dagli errori del passato si possano recuperare gli errori commessi senza più commerterli di nuovo, ma invece la storia, non la comprendiamo mai a fondo e restiamo nel silenzio, nell'ignoranza, dimenticando il passato e vivendo il presente, senza che nessuno abbia il coraggio di opporsi a questo sporco sistema che abbiamo creato con le nostre guerre orrende, piano piano, lentamente, con il futuro che sempre di più si avvicina, siamo arrivando ad un punto di non ritorno, continuando a combattere guerre inutili, mentre la pace resta solo utopia .
domenica 29 novembre 2009
Nigeria, il diritto d'essere curati
Il governo della Nigeria ha revocato una legge che proibiva ai medici di curare ferite da armi da fuoco prima che la polizia avesse redatto il proprio verbale.
La morte del vice caporedattore del quotidiano nigeriano Guardian, Bayo Ohu, ha destato grande scalpore in Nigeria e non solo per il fatto che non sono ancora chiare le ragioni della sua uccisione. Domenica 20 settembre Ohu era a casa con la famiglia, alla periferia di Lagos, quando un commando militare ha bussato alla sua porta per crivellarlo di colpi nel momento in cui è andato ad aprire. Il commando, che ha portato via solo un telefonino e il computer per simulare un furto, gli ha scaricato addosso almeno una decina di caricatori. Eppure, almeno tecnicamente, non sono stati gli assalitori ad ammazzarlo, dal momento che il giornalista è arrivato in ospedale ancora vivo. Sono stati i medici che ha trovato al pronto soccorso ad ucciderlo definitivamente, rifiutandosi di curarlo fino a quando non fosse intervenuta la polizia, nonostante perdesse moltissimo sangue.
Come Bayo Ohu, sono moltissime le persone che ogni anno in Nigeria, uno dei paesi più violenti al mondo, non ricevono in tempo le cure per ferite da armi da sparo e proprio l'aumento dei decessi e l'episodio di Ohu hanno spinto le autorità a metter in discussione una legge che era in vigore dagli anni '80. L'iniziativa è stata presa da un gruppo di politici, capeggiati dal senatore Osita Izunaso, che rivolgendosi al Senato ha definito "insensibile e inumana" una legge che permette ai "medici di rifiutarsi di curare un ferito sulla base di un rapporto di polizia". Oggi l'abrogazione del provvedimento.
"Come medici professionisti noi dovremmo curare come prima cosa, non dovremmo metter i soldi davanti alla vita dei pazienti. Non chiedete soldi o il rapporto della polizia. Date le cure di cui hanno bisogno" ha sentenziato il ministro della Salute Babatunde Osotimehin durante la conferenza stampa. Il vice ispettore generale della polizia, Uba Ringim, ha confermato che circolari con le nuove disposizioni sono state inviate a tutti i dipartimenti di polizia e a tutti gli ospedali ripentedo che la priorità dovrà essere quella di salvare vite umane. "Ciò che è importante è proteggere le persone, curarle, dare a loro tutte le attenzioni di cui hanno bisogno e solo dopo contattare la polizia per dare tutte le informazioni". D'ora in avanti rifiutarsi di curare un paziente o riterdarne il soccorso verrà considerato un crimine, punibile anche con la detenzione in carcere.
lunedì 23 novembre 2009
Voglio tornare a vivere di pace...sento nel cuore la voglia di libertà...
Perchè le televisioni di stato, che ormai fanno sotto il regime di un solo politico italiano, non parlano mai di quante vittime hanno fatto i militari di merda in "missione di pace"?
BASTA VI PREGO POLITICI CARI, PROVATE A CAMBIARLO IL MONDO, NON A CONQUISTARLO...UNITI E SOTTO UN'UNICA BANDIERA, GODIAMOCI QUESTA FANTASTICA VITA...
lunedì 16 novembre 2009
Io non andrò al "No Berlsconi day"
venerdì 6 novembre 2009
E se nel mondo ci fosse bisogno di te?
mercoledì 4 novembre 2009
Tutto tace...e nessuno sa che nel mondo ci sono tante guerre dimenticate
martedì 3 novembre 2009
Libero di poter pensare liberamente
Sono queste le domande che tutti noi ogni giorno ci poniamo ma non sappiamo trovare una risposta. La libertà non è soltanto un diritto stampato sulle Costituzioni di tutto il mondo, o una parola scritta, così per caso sui nostri libri. La libertà è un elemento sul fondare la nostra vita, purchè non leda la dignità dell'altro, discriminando e portando odio. Io devo sentirmi libero, non perchè sento la necessità di criticare l'altro per qualche atto sbagliato che commette, ma la libertà è libertà quando liberamente e senza pregiudizio politico o culturale o religioso, posso dirgli all'altro che sta sbagliando strada o modo di fare e con il dialogo pacifico posso aiutarlo a ritrovare la giusta strada verso la democrazia, verso la sua libertà. La libertà non ha colore politico, la libertà non è deve essere considerato un diritto sul quale si batte solo ed esclusivamente la sinistra o come dicono i pensatori e i fautori della destra, "i comunisti".
No dico no, sei io sono di sinistra o sono di destra non ha importanza, l'unica cosa che conta è la libertà di poter pensare liberamente senza che nessuno possa criticarti. La libertà si fonda sul libero pensiero che si concretizza pacificamente nel mio vivere quotidiano. Credo che tutti noi possiamo essere in grado di sostenere ed affermare e difendere la libertà, ma per renderla viva e concreta dobbiamo costruirla insieme e farla diventare realtà attraverso i gesti pacifici e che trasmettono solo amore. La libertà dovrebbe fondarsi sulla non violenza, non c'è libertà se nel mondo c'è violenza, non c'è logica di violenza che possa portare la libertà.
costruiamo la libertà e potremo tornare a vivere in un mondo con tanta dignità e senza più leggi razziali, discriminazioni e razzismi, senza più violenza, ma solo amore, pace e libertà
mercoledì 7 ottobre 2009
IL LODO ALFANO E' ANTICOSTITUZIONALE...MA IL SILVIO NAZIONALE NON MOLLA E CONTINUA A FARE LE SUE SOLITE FIGURE DI MERDA...
Questo è solo parte dell'intervista sconcertante rilasciata da Berluscoglioni, per evitare di fare troppe polemiche, non crediamo alle nostre orecchie. Stiamom finendo nel baratro e continuando così non ci sarà più ritorno. Dobbiamo fermare qualcosa, non si può andare avanti così. VERGOGNATI SILVIO...E' ORA CHE TI DIMETTI ALLA TUA ETA' DOVRESTI ANDARE IN PENSIONE, CHE HAI PERSO COLPI E NON TI RICORDI PIU' QUELLO CHE FAI. VAI IN PENSIONE CHE STARE A RIPOSO TI FA BENE.
lunedì 5 ottobre 2009
CONTINUARE CON CONVINZIONE
domenica 4 ottobre 2009
VERGOGNA...
VIVA LA LIBERTA' DI STAMPA,
mercoledì 30 settembre 2009
VOGLIA DI LIBERTA', L'ITALIA ORMAI E' SOTTO IL REGIME DI BERLUSCONI, MA STATE ZITTI CHE GLI ITALIANI NON SE NE SONO ANCORA ACCORTI
lunedì 21 settembre 2009
IO SONO LIBERO...SONO UN'UOMO LIBERO...è LA LIBERA E' LA MIA LIBERTA' DI ESPRESSIONE
Insomma la manifestazione del 19 settembre, si farà, con molta probabilità il 3 ottobre, perciò vi invito a scendere tutti in piazza per manifestare a favore delle NOSTRA LIBERTA' DI STAMPA, LIBERTA' DI INFORMAZIONE E LIBERTA' DI ESPRESSIONE, IN QUESTA ITALIA CHE NON CI APPARTIENE, CHE RISULTA OCCUPATA DA POLITICI DI MERDA E CHE NON CI APPARTEMGONO, CHE SANNO MASCHERARE BENE LA NUOVA FORMA DI DITTATURA SILENZIOSA.
L'ITALIA INFATTI E' UNA DITTATURA, MA NOI ANCORA PENSIAMO CHE SIA UNA REPUBBLICA DEMOCRATICA, MA OGGI IN ITALIA LA DEMOCRAZIA E' MORTA, O FORSE IN TUTTI QUESTI ANNI NON E' MAI NATA.
IO SONO UN UOMO LIBERO E CONTINUERO' AD ESSERLO FINCHE' VIVO, PERCHE' NEL MIO PICCOLO, CON IL MIO SEMPLICE LAVORO, LASCIO GESTI D'AMORE, PACE E NON VIOLENZA, UTILI PER COSTRUIRE UN MONDO CON PIU' LIBERTA'.
sabato 12 settembre 2009
LIBERTA' DI STAMPA ( IL 19 SETTEMBRE A ROMA DIFENDIAMO IL DIRITTO ALLA LIBERTA' DI STAMPA)
venerdì 11 settembre 2009
UNO SPIRAGLIO PER IL DARFUR
domenica 6 settembre 2009
UN MILIARDO DI PERSONE MUORE DI FAME E NOI????? RESTIAMO SOLO A GUARDARE...
giovedì 3 settembre 2009
Cos'è questo golpe? Io so
di Pier Paolo Pasolini
Io so.Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato "golpe" (e che in realtà è una serie di "golpe" istituitasi a sistema di protezione del potere).Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969.Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974.Io so i nomi del "vertice" che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di "golpe", sia i neo-fascisti autori materiali delle prime stragi, sia infine, gli "ignoti" autori materiali delle stragi più recenti.Io so i nomi che hanno gestito le due differenti, anzi, opposte, fasi della tensione: una prima fase anticomunista (Milano 1969) e una seconda fase antifascista (Brescia e Bologna 1974).Io so i nomi del gruppo di potenti, che, con l'aiuto della Cia (e in second'ordine dei colonnelli greci della mafia), hanno prima creato (del resto miseramente fallendo) una crociata anticomunista, a tamponare il '68, e in seguito, sempre con l'aiuto e per ispirazione della Cia, si sono ricostituiti una verginità antifascista, a tamponare il disastro del "referendum".Io so i nomi di coloro che, tra una Messa e l'altra, hanno dato le disposizioni e assicurato la protezione politica a vecchi generali (per tenere in piedi, di riserva, l'organizzazione di un potenziale colpo di Stato), a giovani neo-fascisti, anzi neo-nazisti (per creare in concreto la tensione anticomunista) e infine criminali comuni, fino a questo momento, e forse per sempre, senza nome (per creare la successiva tensione antifascista). Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro a dei personaggi comici come quel generale della Forestale che operava, alquanto operettisticamente, a Città Ducale (mentre i boschi italiani bruciavano), o a dei personaggio grigi e puramente organizzativi come il generale Miceli.Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro ai tragici ragazzi che hanno scelto le suicide atrocità fasciste e ai malfattori comuni, siciliani o no, che si sono messi a disposizione, come killer e sicari.Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli.Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi.Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà, la follia e il mistero.Tutto ciò fa parte del mio mestiere e dell'istinto del mio mestiere. Credo che sia difficile che il mio "progetto di romanzo", sia sbagliato, che non abbia cioè attinenza con la realtà, e che i suoi riferimenti a fatti e persone reali siano inesatti. Credo inoltre che molti altri intellettuali e romanzieri sappiano ciò che so io in quanto intellettuale e romanziere. Perché la ricostruzione della verità a proposito di ciò che è successo in Italia dopo il '68 non è poi così difficile.Tale verità - lo si sente con assoluta precisione - sta dietro una grande quantità di interventi anche giornalistici e politici: cioè non di immaginazione o di finzione come è per sua natura il mio. Ultimo esempio: è chiaro che la verità urgeva, con tutti i suoi nomi, dietro all'editoriale del "Corriere della Sera", del 1° novembre 1974.Probabilmente i giornalisti e i politici hanno anche delle prove o, almeno, degli indizi.Ora il problema è questo: i giornalisti e i politici, pur avendo forse delle prove e certamente degli indizi, non fanno i nomi.A chi dunque compete fare questi nomi? Evidentemente a chi non solo ha il necessario coraggio, ma, insieme, non è compromesso nella pratica col potere, e, inoltre, non ha, per definizione, niente da perdere: cioè un intellettuale.Un intellettuale dunque potrebbe benissimo fare pubblicamente quei nomi: ma egli non ha né prove né indizi.Il potere e il mondo che, pur non essendo del potere, tiene rapporti pratici col potere, ha escluso gli intellettuali liberi - proprio per il modo in cui è fatto - dalla possibilità di avere prove ed indizi.Mi si potrebbe obiettare che io, per esempio, come intellettuale, e inventore di storie, potrei entrare in quel mondo esplicitamente politico (del potere o intorno al potere), compromettermi con esso, e quindi partecipare del diritto ad avere, con una certa alta probabilità, prove ed indizi.Ma a tale obiezione io risponderei che ciò non è possibile, perché è proprio la ripugnanza ad entrare in un simile mondo politico che si identifica col mio potenziale coraggio intellettuale a dire la verità: cioè a fare i nomi.Il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica sono due cose inconciliabili in Italia. All'intellettuale - profondamente e visceralmente disprezzato da tutta la borghesia italiana - si deferisce un mandato falsamente alto e nobile, in realtà servile: quello di dibattere i problemi morali e ideologici.Se egli vien messo a questo mandato viene considerato traditore del suo ruolo: si grida subito (come se non si aspettasse altro che questo) al "tradimento dei chierici" è un alibi e una gratificazione per i politici e per i servi del potere.Ma non esiste solo il potere: esiste anche un'opposizione al potere. In Italia questa opposizione è così vasta e forte da essere un potere essa stessa: mi riferisco naturalmente al Partito comunista italiano.È certo che in questo momento la presenza di un grande partito all'opposizione come è il Partito comunista italiano è la salvezza dell'Italia e delle sue povere istituzioni democratiche.Il Partito comunista italiano è un Paese pulito in un Paese sporco, un Paese onesto in un Paese disonesto, un Paese intelligente in un Paese idiota, un Paese colto in un Paese ignorante, un Paese umanistico in un Paese consumistico. In questi ultimi anni tra il Partito comunista italiano, inteso in senso autenticamente unitario - in un compatto "insieme" di dirigenti, base e votanti - e il resto dell'Italia, si è aperto un baratto: per cui il Partito comunista italiano è divenuto appunto un "Paese separato", un'isola. Ed è proprio per questo che esso può oggi avere rapporti stretti come non mai col potere effettivo, corrotto, inetto, degradato: ma si tratta di rapporti diplomatici, quasi da nazione a nazione. In realtà le due morali sono incommensurabili, intese nella loro concretezza, nella loro totalità. È possibile, proprio su queste basi, prospettare quel "compromesso", realistico, che forse salverebbe l'Italia dal completo sfacelo: "compromesso" che sarebbe però in realtà una "alleanza" tra due Stati confinanti, o tra due Stati incastrati uno nell'altro.Ma proprio tutto ciò che di positivo ho detto sul Partito comunista italiano ne costituisce anche il momento relativamente negativo.La divisione del Paese in due Paesi, uno affondato fino al collo nella degradazione e nella degenerazione, l'altro intatto e non compromesso, non può essere una ragione di pace e di costruttività.Inoltre, concepita così come io l'ho qui delineata, credo oggettivamente, cioè come un Paese nel Paese, l'opposizione si identifica con un altro potere: che tuttavia è sempre potere.Di conseguenza gli uomini politici di tale opposizione non possono non comportarsi anch'essi come uomini di potere.Nel caso specifico, che in questo momento così drammaticamente ci riguarda, anch'essi hanno deferito all'intellettuale un mandato stabilito da loro. E, se l'intellettuale viene meno a questo mandato - puramente morale e ideologico - ecco che è, con somma soddisfazione di tutti, un traditore.Ora, perché neanche gli uomini politici dell'opposizione, se hanno - come probabilmente hanno - prove o almeno indizi, non fanno i nomi dei responsabili reali, cioè politici, dei comici golpe e delle spaventose stragi di questi anni? È semplice: essi non li fanno nella misura in cui distinguono - a differenza di quanto farebbe un intellettuale - verità politica da pratica politica. E quindi, naturalmente, neanch'essi mettono al corrente di prove e indizi l'intellettuale non funzionario: non se lo sognano nemmeno, com'è del resto normale, data l'oggettiva situazione di fatto.L'intellettuale deve continuare ad attenersi a quello che gli viene imposto come suo dovere, a iterare il proprio modo codificato di intervento.Lo so bene che non è il caso - in questo particolare momento della storia italiana - di fare pubblicamente una mozione di sfiducia contro l'intera classe politica. Non è diplomatico, non è opportuno. Ma queste categorie della politica, non della verità politica: quella che - quando può e come può - l'impotente intellettuale è tenuto a servire.Ebbene, proprio perché io non posso fare i nomi dei responsabili dei tentativi di colpo di Stato e delle stragi (e non al posto di questo) io non posso pronunciare la mia debole e ideale accusa contro l'intera classe politica italiana.E io faccio in quanto io credo alla politica, credo nei principi "formali" della democrazia, credo nel Parlamento e credo nei partiti. E naturalmente attraverso la mia particolare ottica che è quella di un comunista.Sono pronto a ritirare la mia mozione di sfiducia (anzi non aspetto altro che questo) solo quando un uomo politico - non per opportunità, cioè non perché sia venuto il momento, ma piuttosto per creare la possibilità di tale momento - deciderà di fare i nomi dei responsabili dei colpi di Stato e delle stragi, che evidentemente egli sa, come me, non può non avere prove, o almeno indizi.Probabilmente - se il potere americano lo consentirà - magari decidendo "diplomaticamente" di concedere a un'altra democrazia ciò che la democrazia americana si è concessa a proposito di Nixon - questi nomi prima o poi saranno detti. Ma a dirli saranno uomini che hanno condiviso con essi il potere: come minori responsabili contro maggiori responsabili (e non è detto, come nel caso americano, che siano migliori). Questo sarebbe in definitiva il vero Colpo di Stato.
"Boicotta il turismo sionista" scritte antisemite sulle serrande di alcuni "Cts" della Capitale
lunedì 31 agosto 2009
IO PRETENDO DIGNITA'
venerdì 28 agosto 2009
NO ALLE LEGGI RAZZIALI
Alla cultura democratica europea e ai giornali che la esprimono.
giovedì 20 agosto 2009
Togo, abolita la pena di morte
Il Togo ha abolito la pena di morte per tutti i reati con un voto unanime del parlamento a cui ha assistito il premier spagnolo, José Luis Rodrigez Zapatero.
La decisione del paese africano è stata accolta con favore dall'Unione Europea. Il commissario allo Sviluppo, Louis Michel, ha assicurato che questa decisione è "un segno dell'attaccamento del Togo ai diritti umani fondamentali".Zapatero, impegnato personalmente per una moratoria universale della pena capitale, ha sottolineato che Madrid ha "ragioni rilevanti per lanciare e sostenere davanti alla comunità internazionale la proposta di una moratoria" perché è ancora vivo il ricordo "delle tante famiglie testimoni dell'esecuzione, per motivi politici, di amici e parenti" durante la guerra civile spagnola.Il Togo è il quindicesimo stato dell'Unione Africana a cancellare la pena capitale, secondo Amnesty International. Anche se la condanna a morte era sul codice penale, l'ultima esecuzione nel Paese è stata in 1978.
martedì 11 agosto 2009
Fiaccolata del partito comunista unificato del Nepal (maoista) contro la decisione del governo di reintegrare il capo dell'esercito Rookmand Katawal. Il generale era stato destituito dall'ex primo ministro, il maoista Pushpa Kamal Dahal, per non aver arruolato ex ribelli. Lo scronto politico rischia di interrompere i lavori per la stesura della nuova costituzione del paese. Il Nepal è diventata una Repubblica nel maggio del 2008.
venerdì 7 agosto 2009
NIGERIA: Le moschee nel mirino dei militari, 600 vittime
La situazione è piuttosto drammatica e sconcertante e ancora non si capiscono bene le cause di questo massacro, che nessun telegiornale o giornale italiano cita. Questa brutale tortura di vittime innocenti che hanno la libertà di professare la loro religione, possono essere torturate cosi? Io dico no, nn è possibile parlare di guerra, e soprattutto di guerra religiosa nel 2009, perchè le guerre ledono la libertà umana, e di certo non sono il mezzo più efficace per ristabilire situazioni di normalità in un Paese. La situazione che sta vivendo in questi giorni la Nigeria, deve servire da esempio, per tutti i politici, devono capire che non possono continuare a far guerre inutile per sistemare le questioni politiche...IO DICO BASTA A QUESTE ORRENDE GUERRE!!!!
giovedì 6 agosto 2009
DISABILE SEGREGATA DAI SUI GENITORI
mercoledì 5 agosto 2009
Il rapporto del 2009 sulla pena di morte nel mondo vede 96 paesi abolizionisti, di cui 8 per crimini ordinari e 42 che non eseguono sentenze capitali da almeno 10 anni. Sono 46 infine, i Paesi mantenitori della pena di morte. Le condanne capitali eseguite nel corso del 2008; ricorda il rapporto, sono state un totale di 5727, effettuate in 26 Paesi.
Per evitare che ogni anno continui ad esserci questo massacro ingiusto, dobbiamo fare qualcosa, fermare tutti i Paesi che adottano la pena di morte contro i crimini. Dobbiamo dire basta tutti insieme. Io non ci sto e dico: NO ALLA PENA DI MORTE.
martedì 4 agosto 2009
Oggi, ma forse non molti lo sanno, ricorre la strage sull'Italicus, il bilancio fu di 12 morti e 44 feriti. una strage dove hanno perso la vita persone innocenti, vittime del terrorismo italiano nei cosidetti anni di piombo. Sono morte ingiustamente persone che erano sul quel treno incosapevoli di essere ingiustamente colpiti da un attentato politico di tale gravità.
Oggi a 35 anni di distanza da quella strage, mandanti ed esecutori, non sono stati processati. vergogna
lunedì 3 agosto 2009
Strage di Bologna, fischi e polemiche
Contestato il ministro Bondi che replica: «Così umiliate la celebrazione». Napolitano: «Fu stagione violenta»
L'orologio della stazione di Bologna, fermo sull'ora della strage
«A Fioravanti nessuno sconto di pena»
L'avvocato dell'ex Nar: effetto automatico della legge
Francesca Mambro e il marito Valerio Fioravanti
Dopo ventisei anni trascorsi in cella e nonostante il «fine pena mai» stampato sui suoi fascicoli, Valerio Fioravanti torna in libertà e potrà ottenere la patria potestà sulla figlia e riavere il passaporto.
L'AVVOCATO -«Il mio assistito non ha ottenuto alcuno sconto di pena né alcuna concessione: è tornato a essere un uomo libero perchè questo prevede la legge quando, anche nel caso di condannati all’ergastolo, siano trascorsi cinque anni dal conseguimento della libertà vigilata». L’ex terrorista, arrestato nel 1981, ha ottenuto la libertà vigilata nella primavera del 2004 e quindi adesso la sua pena è «estinta», come recita il codice. Lo sottolinea l’avvocato Michele Leonardi che ha seguito negli ultimi anni il percorso giudiziario dell’ex terrorista dei Nar, condannato per la strage della stazione di Bologna. «La vita di Fioravanti non è cambiata: da cinque anni - spiega il legale - torna a casa la sera, dalla moglie e dalla figlia, e di giorno lavora. È un uomo assolutamente tranquillo che fa il marito, il padre e il lavoratore nell’associazione di volontariato Nessuno tocchi Caino. Non ha chiesto il passaporto e non ha nessun motivo per allontanarsi dall’Italia dal momento che ha qui tutti i suoi affetti».
LA MAMBRO - La moglie di Fioravanti, Francesca Mambro, anche lei membro dei Nar e condannata per la strage di Bologna, «potrà ottenere la piena libertà solo nel 2013 - prosegue Leonardi - in quanto ha ottenuto la libertà condizionata solo lo scorso anno e, dunque, ne devono passare altri quattro». La Mambro, infatti, per il periodo della maternità, aveva ottenuto la sospensione della pena.
Giuseppe Cucinotta 3 agosto 2009
TUTTO QUESTO è SOLO L'EFFETTO DELLA FOTTUTA LEGGE ITALIANA SENZA GIUSTIZIA, VERGOGNA.
"Bella Ciao", la canzone-simbolo dei partigiani italiani è arrivata in Iran ed è diventata l'inno dei riformisti che si oppongono ad Ahmadinejad.In un video diffuso su Youtube, infatti, la canzone è cantata in italiano, con sottotitoli in farsi e in inglese. Ad accompare le parole, le immagini della rivolta, degli scontri, dei caduti e delle proteste in tutto il mondo. Alcune foto sono di Neda, la ragazza uccisa il 20 giugno, dopo le elezioni, e diventata il simbolo della rivolta dei riformisti contro il regime del presidente Ahmadinejad, accusato di aver ottenuto la rielezione grazie ai brogli elettorali.Intanto ieri a Teheran, davanti al tribunale rivoluzionario, si è aperto il primo processo ai manifestanti che hanno partecipato alle proteste e che sono stati arrestati in massa. Processo che vede sul banco degli imputati, un centinaio di persone, tra cui decine di alti funzionari, ex deputati ed ex ministri. Un fatto inedito dalla Rivoluzione islamica del 1979. Tra i capi di imputazione ci sono danneggiamento di edifici governativi e militari, rapporti con gruppi armati all'opposizione, cospirazione contro il sistema di governo e disturbo della quiete pubblica.
UN OMAGGIO A NEDA UCCISA DURANTE GLI SCONTRI AVVENUTI DOPO LE ELEZIONI POLITICHE DEL 20 GIUGNO 2009
Oggi alle 9.57
Lo stabilimento di via Rubattino è occupato da oltre un annoSgombero Innse, tafferugli in stradaGli operai e i giovani dei centri sociali si scontrano con la polizia e occupano la tangenziale
MILANO - Momenti di tensione domenica mattina a Milano per lo sgombero della Innse di via Rubattino, autogestita e presidiata da oltre un anno da una quarantina di operai che si oppongono alla chiusura della fabbrica. Sul posto sono arrivati alcuni giovani dei centri sociali, per dare man forte agli operai. Ci sono stati alcuni momenti di tensione quando operai e manifestanti hanno bloccato per un paio di minuti la tangenziale. Si sono verificati anche tafferugli tra forze dell'ordine e manifestanti. Tutto però si è concluso in tempi brevissimi e la situazione si è calmata. Davanti alla Innse è rimasto il presidio dei lavoratori, in attesa di capire quali saranno le decisioni della Questura.Tafferugli alla Innse
LO SGOMBERO - Le forze dell'ordine avevano l'incarico di eseguire un provvedimento con cui la magistratura ha disposto la riconsegna dei macchinari, ormai venduti dal proprietario, e del sito industriale. Ci vorrebbe una settimana di tempo per permettere alle ditte interpellate di entrare nella fabbrica e smontare i macchinari. La vicenda della Innse si trascina dalla fine del maggio dell'anno scorso, quando l'imprenditore Silvano Genta comunicò ai dipendenti con un telegramma di aver avviato la procedura di mobilità. Da allora la fabbrica è stata autogestita dagli operai che hanno continuato a produrre. Poco meno di un anno fa lo stabilimento è stato messo sotto sequestro dall'autorità giudiziaria, infine dissequestrato e da allora vigilato giorno e notte da un gruppo di operai. Il 10 febbraio scorso c'era stato un altro tentativo di sgombero, ed erano scoppiati tafferugli tra gli operai, i giovani dei centri sociali e la polizia.
FERRERO: UN ABUSO - «Un atto proditorio e violento - denuncia Paolo Ferrero, segretario nazionale del Prc-Se - che rende drammaticamente evidenti l'asprezza della crisi e del conflitto sociale e il cinismo padronale. Chiedo al prefetto di Milano e al ministro dell'Interno di intervenire per impedire questo abuso nei confronti dei diritti e del lotte del lavoro. Motivazioni e modalità dell'intervento repressivo alla Innse sono assolutamente inaccettabili, sia sul piano politico che sul piano morale. E non troveranno indifferente Rifondazione comunista, né la reazione del mondo del lavoro e democratico».
«MANTENUTI GLI IMPEGNI PRESI» - La Regione Lombardia attraverso una nota ha fatto sapere che «pur non essendo materia di sua competenza», «si è spesa da mesi per cercare una soluzione e un acquirente, il che purtroppo non ha potuto perfezionarsi e concludersi positivamente. Nessun altro impegno Regione Lombardia ha assunto se non quello di dedicare alla grave vicenda tutta la sua buona volontà, cosa che ha fatto fino in fondo».
«IL PREFETTO SOSPENDA LO SGOMBERO» - «Chiediamo l'intervento del prefetto di Milano affinché sospenda il provvedimento di smantellamento delle macchine e di chiusura del sito» hanno detto Maria Sciancati, segretaria della Fiom di Milano, e Giorgio Cremaschi, della segreteria nazionale, fuori dall'Innse. I due sindacalisti hanno anche spiegato che chiederanno già per lunedì un incontro con il governatore della Regione Roberto Formigoni «in quanto ci aveva dato il suo impegno per trovare una soluzione per l'Innse e ci aveva assicurato quindi che non si sarebbe proceduto con lo sgombero, anche perché c'è già un possibile acquirente dell'area e dello stabilimento».
ROSSONI: «NON LO SAPEVO» - E si è detto dispiaciuto Gianni Rossoni, il vicepresidente e assessore al Lavoro della Regione: «Non avevo sentore che potessero intervenire in questi giorni, ma c'era un provvedimento urgente del tribunale del maggio scorso. È da allora che stavamo rallentando». Rossoni ha ricordato la situazione difficile della Innse su cui la Regione ha aperto un tavolo subito richiuso «perché non c'erano le condizioni». Resta da vedere se nei prossimi giorni ci saranno le condizioni per aprire un nuovo tavolo. La questione dell'azienda di Lambrate è complessa, ha ricordato il vicepresidente, e coinvolge sia il proprietario della Innse ,sia l'immobiliare proprietaria dello stabilimento, sia eventuali acquirenti.
02 agosto 2009
KE VERGOGNA, DOVE è FINITO IL DIRITTO ALLO SCIOPERO, IL DIRITTO AL LAVORO, SANCITI DALLA COSTITUZIONE ITALIANA...RIMANGO SENZA PAROLE
2 AGOSTO 1980 - 2 AGOSTO 2009: 29 ANNI SENZA GIUSTIZIA
Quella mano della P2e imandanti mai trovati"
"La gente che protesta chiede la verità su una vicenda che tanto dolore ha provocatoMi chiedo come mai la lunga e complessa inchiesta abbia avuto così poco seguito"di GIORGIO BATTISTINI
OAS_RICH('Left');
Carlo Azeglio Ciampi
ROMA - "Ricordo perfettamente", dice Carlo Azeglio Ciampi, presidente della Repubblica nel settennato precedente a quello di Giorgio Napolitano. "Ricordo quei giorni del '93. Ero da poco stato eletto presidente del Consiglio in un momento non facile. C'era un clima molto teso dopo le bombe di Firenze, Milano, Roma. Quando presi la parola sul palco per ricordare la bomba alla stazione di Bologna di oltre un decennio prima cominciò la contestazione". Fischi, grida, che cos'altro? "Ostilità varie, diffuse. Che però si placarono quasi subito. E partì un applauso non a me ma all'istituzione che rappresentavo: la presidenza del Consiglio". Ieri però a Bologna il clima era ben diverso. Spazientito dal rito delle celebrazioni, dalla passerella delle autorità che sfilano davanti alla tv. Un'insofferenza che ricordava i cupi funerali all'indomani della strage, poche bare sul sagrato di san Petronio, Pertini che appoggia il braccio su quello del sindaco Zangheri, i fischi in piazza per Craxi e Cossiga. Stesso clima? "No, qualcosa è cambiato. La gente che protesta chiede la verità su una vicenda che tanto dolore ha provocato. Io capisco quel desiderio di conoscere la verità". Per quella strage tra gli altri è stato condannato in tribunale a Bologna un alto funzionario dello Stato imputato di depistaggio delle indagini. Lo Stato depistava lo Stato? Ma allora hanno ragione quelli che hanno parlato, per la lunga tragedia italiana che ha insanguinato parte del dopoguerra, di "guerra civile a bassa intensità"?
OAS_RICH('Middle');
"Non sono in grado di entrare nei particolari delle indagini. Quella cerimonia è capitata in un periodo davvero speciale. Ricordo l'entusiasmo del '93 per l'accordo sul costo del lavoro. Poi la lunga serie di attentati in nottata. Ero a Santa Severa, rientrai con urgenza a Roma, di notte. Accadevano strane cose. Io parlavo al telefono con un mio collaboratore a Roma e cadeva la linea. Poi trovarono a Palazzo Chigi il mio apparecchio manomesso, mancava una piastra. Al largo dalla mia casa di Santa Severa, a pochi chilometri da Roma incrociavano strane imbarcazioni. Mi fu detto che erano mafiosi allarmati dalla legge che istituiva per loro il carcere duro. Chissà, forse lo volevano morbido, il carcere". C'era uno strano clima in quei giorni, strane voci, timori diffusi... "E forse anche qualcosa di più. Alle otto di mattina del giorno dopo il ministro dell'Interno Nicola Mancino e io riferivamo in Parlamento. Poco dopo ci fu l'anniversario della strage di Bologna. Una celebrazione sotto la canicola. Quando cominciai a parlare la piazza iniziò a rumoreggiare. Poi ci fu l'applauso per gli scomparsi. Più tardi incontrai i familiari delle vittime". Avvertiva anche lei l'ombra di qualcosa, di qualcuno nei palazzi del potere che remava contro l'Italia? "Certo anch'io mi chiedo come mai la grande, lunga complessa inchiesta della commissione parlamentare sulla loggia P2 guidata da Tina Anselmi a Palazzo San Macuto abbia avuto così poco seguito. Ricordo quei giorni, ricordo che l'onorevole Anselmi era davvero sconvolta. Mi chiamò alla Banca d'Italia (ero ancora governatore) e mi disse "lei non sa quel che sta venendo a galla". Lei, la Anselmi, il suo dovere lo compì. Non credo però che molti uomini della comunicazione siano andati a fondo a leggere quelle carte. Il procuratore Vigna sapeva quel che faceva". In quasi trent'anni ancora non si sa nulla dei mandanti. Né si sospetta nulla? "La violenza purtroppo era ed è diffusa in Europa. Penso alla Spagna, alla Grecia. Anche adesso la violenza continua a manifestarsi, talvolta si prendono gli esecutori, quasi mai i mandanti nell'ombra. Penso all'indagine dei giudici Vigna e Chelazzi (purtroppo scomparso) nel '93-'94: avevano trovato gli esecutori, ma non i mandanti. Ricordo però che di mezzo c'era spesso la mafia che si batteva per modificare la legge sul carcere duro". Che cosa le è rimasto di quei giorni, a distanza di tanto tempo? "E' una materia vissuta molto dolorosamente e con grande partecipazione, mentre resta forte il desiderio di conoscere tutta la verità. In quelle settimane davvero si temeva anche un colpo di Stato. I treni non funzionavano, i telefoni erano spesso scollegati. Lo ammetto: io temetti il peggio dopo tre o quattro ore a Palazzo Chigi col telefono isolato. Di quelle giornate, quel che ricordo ancora molto bene furono i sospetti diffusi di collegamento con la P2".
E ORA BONDI COSA VUOLE, LA MORALE NON SERVE DA UNO CHE STA DALLA PARTE DEI CARNEFICI, è INDEGNO PENSARE CHE GENTE IGNORANTE POSSA DIRE PAROLE DEL GENERE AI FAMILIARI DELLE VITTIME DELLA STRAGE DI BOLOGNA...IO SONO DALLA PARTE DEI FAMILIARI CHE DEVONO AVERE GIUSTIZIA. DOPO 29 ANNI NON C'è NESSUN PROCESSATO, IO MI DISSOCIO E DICO VERGOGNA!!!!!!!
giovedì 23 luglio 2009
La Bandiera della Pace esposta non è reato
«La bandiera della pace è stata censurata nella scuola dei nostri bambini». La denuncia arriva da un gruppo di genitori della scuola elementare Francesco d' Assisi (dell' istituto comprensivo Tommaseo) che ieri hanno distribuito volantini in cui accusavano la dirigenza della scuola di aver tolto la bandiera dal pennone dell' istituto e di aver «vietato a insegnanti e scolari di esporre lavori, simboli e quant' altro si riferisse alla pace negli spazi comuni della scuola». «è diventato ormai così pericolosa la parola pace - si chiedono i genitori - L' educazione alla pace non è un optional, ma un dovere della scuola e quella bandiera non è simbolo di parte, ma di un diritto universale sancito nella nostra Costituzione». Replica il dirigente scolastico Raffaele Moretto. «Per ciò che riguarda la bandiera ho applicato una disposizione della Prefettura che stabilisce che possono esser esposte sugli edifici scolastici solo quella italiana e della Ue. E non ho vietato null' altro. Anzi con una circolare il 25 febbraio ho invitato gli insegnanti a trattare il tema della pace proprio alla luce dell' articolo 11 della Costituzione. Senza faziosità dunque».
Multata la Pace. Proprio così. Centocinquantacinque euro (più 5,60 per le spese di notifica) di ammenda per la grande e colorata bandiera simbolo universale della Pace. Uno stendardo portato in corteo da famiglie con bambini al seguito nel corso della "Marcia della Pace" che si è svolta a fine marzo promossa dalla "Tavola della pace" di Franciacorta - Monte Orfano. Il fatto è accaduto a Chiari, comune bresciano governato dal senatore leghista Sandro Mazzatorta protagonista, tra l'altro, anche di una vicenda di "residenza negata" ad una famiglia Sinti con 5 bambini portata anche all'attenzione della Camera dei Deputati lo scorso 28 ottobre dall'onorevole Furio Colombo.Ma tornando alla vicenda dell'ammenda al simbolo della Pace sventolato nel corteo lungo le strade della località bresciana è bene spiegare che i manifestanti avevano, tra l'altro, ricevuto dalla Questura di Brescia l'autorizzazione a passare e sostare nella piazza centrale del paese. Almeno per due ore. Come previsto dal programma regolarmente presentato. Nonostante questo, però, un agente della polizia locale ha pensato bene di redigere un verbale per «occupazione di suolo pubblico con un veicolo allestito con casse, bandiere e cartelloni, e una bandiera di notevoli dimensioni». Da segnalare peraltro che l'agente ha evitato di notificare la multa ai diretti interessati durante la manifestazione. L'associazione promotrice dell'iniziativa pacifista, che al momento ha scelto di non pagare la multa, nelle scorse settimane, si è rivolta anche alla Prefettura di Brescia. In un comunicato, inoltre, l'associazione fa sapere che «La Marcia della Pace ha ottenuto tutti i necessari permessi proprio dalla questura di Brescia che oltretutto è dovuta intervenire nei confronti dell'amministrazione comunale che inizialmente aveva negato l'autorizzazione alla manifestazione senza dare alcuna motivazione». Giuseppe Matteotti a nome della "Tavola della pace" Franciacorta parla di «multa discriminatoria nei confronti di realtà associative e iniziative il cui pensiero non segue la stessa direzione dell'attuale governo nazionale e locale. Per noi è importante conoscere la posizione del prefetto di Brescia, al quale abbiamo scritto, in qualità di rappresentante dello Stato». Per i pacifisti dunque è fondamentale ristabilire il diritto a manifestare. In attesa di una risposta gli esponenti del gruppo franciacortino pensano di scrivere anche al Presidente della Repubblica che proprio nelle scorse settimane aveva elogiato il lavoro compiuto dalla Tavola della pace nazionale.
lunedì 20 luglio 2009
La guerra che verrà non è la prima.
Prima ci sono state altre guerre.
Alla fine dell’ultima C’erano vincitori e vinti.
Fra i vinti la povera gente Faceva la fame.
Fra i vincitori Faceva la fame la povera gente egualmente.
Bertold Brecht
Generale, il tuo carro armatoè una macchina potente,
Spiana un bosco e sfracella cento uomini.
Ma ha un difetto: ha bisogno di un carrista.
Generale, il tuo bombardiere è potente,
Vola più rapido d’una tempesta e porta più di un elefante.
Ma ha un difetto: ha bisogno di un meccanico.
Generale, l’uomo fa di tutto. Può volare e può uccidere.
Ma ha un difetto: può pensare.
Bertold Brecht
Queste due poesie hanno suscitato in me grandi emozioni quando le ho lette per la prima volta, spero che anche per voi, possano suscitare forti emozioni.
Lasciatevi trasportare da queste parole e facciamo che la pace possa diventare un giorno realtà e non più utopia.
"...Vorrei costruire la pace con la forza dei nostri pensieri, applicandoli concretamente, senza la forza delle armi." (Daniele Pastore)
martedì 14 luglio 2009
Per il principio di libertà, e io aggiungo del libero pensare, difendiamo l'articolo 21, sotto riportato:
Art. 21 - « Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.»
domenica 12 luglio 2009
CAMBIARE CON LA PACE, COSTRUENDOLA
in quel Libano lontano e in quei paesi dimenticati
da tutti.
La guerra non si ferma, è
come un treno che continua la sua corsa
inarrestabile sui binari della vita
senza fare fermate, nè soste.
Essa fa sempre più paura ai bambini libanesi
ed africani, che si coprono sotto i loro cari padri
anche loro impauriti mentre li abbracciano
come se non li rivedessero mai più.
Non si trova soluzione a queste guerre
e nell’aria il mormorio delle armi non si ferma,
portando il terrore negli occhi di tutti.
Tutti coloro amanti delle armi ci illudono
che la guerra porta democrazia
in tutto il mondo.
Ma non è così, la democrazia si porta col dialogo,
con la pace, con l’uguaglianza e la fratellanza
tra gli uomini.
Vorrei costruire la pace con la forza
dei nostri pensieri, applicandoli concretamente,
senza la forza delle armi.