Post di Pace...
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Cari lettori, questa settimana per le STORIE DI PACE , che hanno visto la luce solo oggi in ESCLUSIVA sabato 14 settembre, vi ho fatto un...
mercoledì 27 ottobre 2010
venerdì 22 ottobre 2010
Liu Xiaobo...Una nuova "Storia di Pace"
Nella pagina "STORIE DI PACE", questa settimana raccontiamo la storia di Liu Xiaobo, Premio Nobel per la Pace nel 2010, ma che dopo il prestigioso riconoscimento, è rinchiuso in un carcere del suo Paese, la Cina, perchè considerato un dissidente del regime comunista cinese.
SOSTENIAMO LIU, AFFINCHE' POSSA RITROVARE LA LIBERTA' PERDUTA...
mercoledì 20 ottobre 2010
Proposta Letteraria:
Buskashi Viaggio dentro la guerra di Gino Strada (Medico fondatore di Emergency, associazione che cura le vittime di guerra in molti Paesi del Medio Oriente e dell'Africa)
lunedì 18 ottobre 2010
NUOVE PAGINE SUL BLOG
A breve verrà attivata una nuova pagina:
"Video di Pace" nella quale potrete trovare tutte le canzoni che parlino di PACE, NON VIOLENZA e LIBERTA'.
"Video di Pace" nella quale potrete trovare tutte le canzoni che parlino di PACE, NON VIOLENZA e LIBERTA'.
Amref per donne e bambini del Kenya
Al via l'iniziativa triennale di "Amref" finanziata dall'Unione Europea in collaborazione con "Chak", Ministero della Sanità e comunità beneficiarie. L'obiettivo è di raggiungere 27 mila donne in età riproduttiva e fornire cure di base a 25 mila bambini under 5. Il centro sanitario è quello di Kamboo, nel distretto di Mankindu. L'inziativa costerà 777 mila Euro. Si punta poi a incrementare l'utilizzo di servizi pre-natali e di pianificazione, a migliorare la copertura immunitaria per i bimbi al di sotto di 1 anno nelle comunità rurali di Kitui Nord e Makindu nella Provincia Orientale del Kenya. Le regioni inteessate dall'intervento, sono tra le più povere del Paese, con il 56% della popolazione che vive in condizioni di assoluta povertà.
Pena di morte, dalla Cina agli Usa 43 Paesi la praticano
Nel mondo, sono 43 i Paesi che mantengono la pena di morte e il maggior numero di esecuzioni si registrato in Cina,Iran e Iraq; nella sola Cina, nel 2009, sono state eseguite 5000 condanne, pari all’88% del totale mondiale; in Iran sono state messe a morte almeno 402 persone e i dissidenti annunciano un amento delle esecuzioni (in attesa c’è anche Sakineh, la donna contro la cui lapidazione si è mobilitata l’opinione pubblica internazionale); in Iraq almeno 77 e in Arabia Saudita almeno 69. Il 10 ottobre 2010 si è celebrata l’ottava Giornata Mondiale contro la pena capitale, quest’anno dedicata agli Stati Uniti, dove dall’inizio dell’anno sono stati condannati 41 prigionieri e 3200 sono in attesa nel braccio della morte. “La pena di morte non può essere considerata un atto di giustizia”. Con queste parole il presidente, Jerzy Buzek, ha aperto la seduta della sessione plenaria del parlamento europeo che ha approvato una risoluzione per una moratoria mondiale sulle esecuzioni, battaglia che l’Italia sta conducendo da tempo: 574 i voti a favore, ma ci sono stati anche 25 “no”, tra cui quelli di Jean-Marie Le Pen e figlia, degli indipendentisti inglesi, di cinque conservatori e di un popolare (il finlandese Ville Itala).
Sostieni "Save the Children"...basta un semplice SMS
Manda un SMS al 45503
e puoi donare 2 euro a Save The Children per sostenere il progetto "Every One" e dire basta alla mortalità infantile. Inviando un SMS al numero 45503 dal tuo telefonino personale - per i clienti TIM, VODAFONE, WIND, 3 e COOPVOCE - o chiamando allo stesso numero da rete fissa TELECOM ITALIA.
giovedì 14 ottobre 2010
Bolivia, no al razzismo. Per legge
Una legge contro la diffusione di discriminazioni e razzismo. Nel mirino anche i media. Polemiche contro la decisione di Morales
Dopo l'approvazione da parte della Camera dei Deputati della nuova legge contro il razzismo e la discriminazione, in Bolivia è scattata inesorabile la corsa alla polemica. E come al solito la partita fra esecutivo e oppositori non vedrà esclusi i colpi bassi. Nodo della discordia un articolo che indica che "il media che autorizzerà e pubblicherà idee razziste e discriminatorie sarà passibile di sanzioni economiche e della sospensione della licenza".
La nuova normativa, che dovrà adesso andare in discussione al Senato, prevede che le pene siano dunque piuttosto elevate. Ed è stata proprio questa la goccia che ha fatto traboccare il vaso dell'opposizione, che coglie al volo ogni occasione per attaccare l'esecutivo di Evo Morales. La nuova legge infatti, prevede che anche i mezzi di comunicazione siano soggetti a sanzioni in caso di diffusione di idee razziste o discriminatorie. Fatto che ha messo sul piede di guerra tutte le opposizioni del Paese che ritengono che la nuova misura vada ad intaccare la libertà di espressione.
L'accusa principale mossa a Morales è quella di voler zittire il dissenso e quindi di mettere il bavaglio anche ai mezzi di comunicazione non propriamente vicini al presidente. Fatto assolutamente rigettato da Morales e dai membri dell'esecutivo. "Il mio lavoro è quello di sradicare i razzisti che sono a capo dei mezzi di comunicazione. E questa norma darà fastidio solo a quelle persone che diffondono razzismo attraverso un microfono. Non metteremo a tacere i media e mai lo faremo" ha detto il presidente.
La battaglia politica è aperta e l'opposizione ha già fatto sapere che presenterà ricorso per la presunta incostituzionalità, soprattutto per gli articoli che si riferiscono ai mezzi di informazione della nuova legge. "E' come mettere una morsa ai media nello stile di Chavez, il presidente del Venezuela, anche se qui in Bolivia lo si sta facendo in un modo dissimulato" ha detto Mauricio Muñoz capo dell'opposizione alla Camera dei Deputati che ha anche sottolineato che Convergencia Nacional, gruppo di cui fa parte, "rifiuta categoricamente ogni forma di razzismo da qualsiasi parte provenga". Di diverso avviso Marinela Paco, presidente della Commissione per i diritti umani. "Le parole dell'opposizione sono menzogne" ha detto la Paco, che ha aggiunto come l'indignazione dell'opposizione sia la conferma di come "permettano, diffondano e amplifichino espressioni razziste e discriminatorie".
Dopo l'approvazione da parte della Camera dei Deputati della nuova legge contro il razzismo e la discriminazione, in Bolivia è scattata inesorabile la corsa alla polemica. E come al solito la partita fra esecutivo e oppositori non vedrà esclusi i colpi bassi. Nodo della discordia un articolo che indica che "il media che autorizzerà e pubblicherà idee razziste e discriminatorie sarà passibile di sanzioni economiche e della sospensione della licenza".
La nuova normativa, che dovrà adesso andare in discussione al Senato, prevede che le pene siano dunque piuttosto elevate. Ed è stata proprio questa la goccia che ha fatto traboccare il vaso dell'opposizione, che coglie al volo ogni occasione per attaccare l'esecutivo di Evo Morales. La nuova legge infatti, prevede che anche i mezzi di comunicazione siano soggetti a sanzioni in caso di diffusione di idee razziste o discriminatorie. Fatto che ha messo sul piede di guerra tutte le opposizioni del Paese che ritengono che la nuova misura vada ad intaccare la libertà di espressione.
L'accusa principale mossa a Morales è quella di voler zittire il dissenso e quindi di mettere il bavaglio anche ai mezzi di comunicazione non propriamente vicini al presidente. Fatto assolutamente rigettato da Morales e dai membri dell'esecutivo. "Il mio lavoro è quello di sradicare i razzisti che sono a capo dei mezzi di comunicazione. E questa norma darà fastidio solo a quelle persone che diffondono razzismo attraverso un microfono. Non metteremo a tacere i media e mai lo faremo" ha detto il presidente.
La battaglia politica è aperta e l'opposizione ha già fatto sapere che presenterà ricorso per la presunta incostituzionalità, soprattutto per gli articoli che si riferiscono ai mezzi di informazione della nuova legge. "E' come mettere una morsa ai media nello stile di Chavez, il presidente del Venezuela, anche se qui in Bolivia lo si sta facendo in un modo dissimulato" ha detto Mauricio Muñoz capo dell'opposizione alla Camera dei Deputati che ha anche sottolineato che Convergencia Nacional, gruppo di cui fa parte, "rifiuta categoricamente ogni forma di razzismo da qualsiasi parte provenga". Di diverso avviso Marinela Paco, presidente della Commissione per i diritti umani. "Le parole dell'opposizione sono menzogne" ha detto la Paco, che ha aggiunto come l'indignazione dell'opposizione sia la conferma di come "permettano, diffondano e amplifichino espressioni razziste e discriminatorie".
Spagna, si costituisce a Madrid la Commissione internazionale contro la Pena di Morte
L'obiettivo è il raggiungimento di una moratoria universale entro il 2015
La Commissione internazionale contro la pena di morte, guidata dall'ex direttore generale dell'Unesco, Federico Mayor Zaragoza, dal primo ministro spagnolo, Josè Luis Rodriguez Zapatero, il governatore del Nuovo Messico, Bill Richardson, e il ministro italiano, Giuliano Amato, verrà costituita formalmente oggi.
La commissione si raccoglierà alla vigilia del Giorno Mondiale e Europeo contro la Pena di Morte, che verra celebrato il 10 ottobre. L'obiettivo sarà ottenere una moratoria universale effettiva entro il il 2015 come primo passo per raggiungere l'abolizione totale della pena di morte.
Secondo Amnesty International, la pena di morte è stata abolita per tutti i reati in 94 paesi, mentre in altri dieci è stata abolita per tutti i reati salvo alcune eccezioni come in caso di guerra. Altri 35 paesi sono abolizionisti di fatto, mentre in 58 paesi è ancora applicata, ma solo in 25 paesi è stata applicata nel 2008. Quell'anno ci furono 2.390 esecuzioni in tutto il mondo e 8.864 condannati a morte.
L'idea della costituzione della commissione viene dall' iniziativa lanciata da Zapatero nel settembre 2008 davanti all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite per ottenere una moratoria universale sulla pena di morte per il 2015 e il divieto delle esecuzioni dei ritardati mentali e dei minori di età nel momento del commettere il delitto.
La Commissione internazionale contro la pena di morte, guidata dall'ex direttore generale dell'Unesco, Federico Mayor Zaragoza, dal primo ministro spagnolo, Josè Luis Rodriguez Zapatero, il governatore del Nuovo Messico, Bill Richardson, e il ministro italiano, Giuliano Amato, verrà costituita formalmente oggi.
La commissione si raccoglierà alla vigilia del Giorno Mondiale e Europeo contro la Pena di Morte, che verra celebrato il 10 ottobre. L'obiettivo sarà ottenere una moratoria universale effettiva entro il il 2015 come primo passo per raggiungere l'abolizione totale della pena di morte.
Secondo Amnesty International, la pena di morte è stata abolita per tutti i reati in 94 paesi, mentre in altri dieci è stata abolita per tutti i reati salvo alcune eccezioni come in caso di guerra. Altri 35 paesi sono abolizionisti di fatto, mentre in 58 paesi è ancora applicata, ma solo in 25 paesi è stata applicata nel 2008. Quell'anno ci furono 2.390 esecuzioni in tutto il mondo e 8.864 condannati a morte.
L'idea della costituzione della commissione viene dall' iniziativa lanciata da Zapatero nel settembre 2008 davanti all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite per ottenere una moratoria universale sulla pena di morte per il 2015 e il divieto delle esecuzioni dei ritardati mentali e dei minori di età nel momento del commettere il delitto.
Inaugurata la nuova pagina "STORIE DI PACE" con PEPPINO IMPASTATO
La prima storia che raccontiamo è la storia di Peppino Impastato che attraverso la radio, insieme ai suoi amici, ha lottato contro la mafia, senza aver mai utilizzato armi, ma attraverso il dialogo, la non violenza e la libertà di parola, che tutti abbiamo per esprimerci liberamente.
mercoledì 13 ottobre 2010
I dubbi di Fidel sul socialismo: dobbiamo cambiare modello
Castro in un’intervista: il sistema economico non è più adatto a noi.
Dopo due mesi dalla sua ricomparsa in pubblico, Fidel Castro parla per la prima volta sulla situazione di Cuba per dire che il modello economico in vigore a Cuba non è più appropriato al Paese. Castro non ha fatto riferimento al sistema socialista nel corso della lunga intervista rilasciata ad un giornale statunitense, nel corso della quale ha espresso il suo punto di vista su varie questioni internazionali. “Il modello economico cubano non è più adatto a noi”: è stata questa l’unica frase pronunciata dal leader rivoluzionario ottantaquattrenne su Cuba. L’isola da anni si dibatte tra gravi problemi economici, esplosi già agli inizi degli anni 90, dopo il collasso dell’Unione Sovietica, principale partner commerciale di Cuba. Castro ha esposto le sue preoccupazioni nell’intervista al mensile “The Atlantic”. Fidel rispondeva al giornalista Jeffrey Goldberg che gli ha chiesto esplicitamente se il modello economico di Cuba, l’unico paese comunista dell’America Latina, si potesse ancora esportare in altri paesi. Di qui, appunto la risposta: “Il modello economico cubano non è più adatto a noi”. Questo è il primo riferimento che fa l’ex presidente alla situazione del Paese da quando è ricomparso in pubblico lo scorso 7 luglio, dopo quattro anni di assenza per malattia. Nelle sue apparizioni pubbliche Fidel ha parlato sul rischio che esiste, secondo lui, di una guerra nucleare tra gli Stati Uniti e l’Iran. Tre settimane, poi, Fidel aveva stupito il mondo parlando per due ore ad un comizio in piazza all’Avana, davanti a decine di migliaia di cubani.
Un anno dopo essere arrivato alla presidenza, Raul Castro, 79 anni, ha promesso nel 2007 “cambi strutturali”. Nella prima sessione parlamentare di quest’anno, tenutasi ad agosto, lo stesso Raul ha annunciato che il governo continuerà ad affidare in gestione piccoli negozi ai loro dipendenti, andando dunque oltre le botteghe di barbiere, ma senza puntare ad una vera economia di mercato. Nell’annunciare l’aumento del numero dei liberi professionisti e la riduzione dei lavoratori statali, Raul Castro ha definito queste decisioni un “cambio strutturale” per rendere il sistema socialista “sostenibile” nel futuro.
Riforme e modificazioni, insomma, ma sempre nell’ambito del sistema socialista. Il governo di Raul sta studiando, “senza fretta”, un “aggiornamento del modello economico cubano retto dalle categorie economiche del socialismo e non del mercato”, ha dichiarato d’altra parte ai giornalisti il Ministro dell’Economia Marino Murillo. “Rimarrà la pianificazione centralizzata. La proprietà non sarà consegnata ai dipendenti”, ha sottolineato Murillo.
Nell’intervista Castro ha anche criticato il presidente iraniano Ahmadinejad esortandolo a smetterla di negare l’Olocausto e a diffamare gli Ebrei. “Credo che nessuno al mondo – osserva Castro – abbia ricevuto lo stesso trattamento riservato agli Ebrei. Non c’è niente a confronto dell’Olocausto”. Secondo il padre della rivoluzione cubana, il governo di Teheran servirebbe meglio la causa della pace riconoscendo “l’unicità” della storia di Israele e provando a capire meglio perché Israele teme per la sua sopravvivenza.
Dopo due mesi dalla sua ricomparsa in pubblico, Fidel Castro parla per la prima volta sulla situazione di Cuba per dire che il modello economico in vigore a Cuba non è più appropriato al Paese. Castro non ha fatto riferimento al sistema socialista nel corso della lunga intervista rilasciata ad un giornale statunitense, nel corso della quale ha espresso il suo punto di vista su varie questioni internazionali. “Il modello economico cubano non è più adatto a noi”: è stata questa l’unica frase pronunciata dal leader rivoluzionario ottantaquattrenne su Cuba. L’isola da anni si dibatte tra gravi problemi economici, esplosi già agli inizi degli anni 90, dopo il collasso dell’Unione Sovietica, principale partner commerciale di Cuba. Castro ha esposto le sue preoccupazioni nell’intervista al mensile “The Atlantic”. Fidel rispondeva al giornalista Jeffrey Goldberg che gli ha chiesto esplicitamente se il modello economico di Cuba, l’unico paese comunista dell’America Latina, si potesse ancora esportare in altri paesi. Di qui, appunto la risposta: “Il modello economico cubano non è più adatto a noi”. Questo è il primo riferimento che fa l’ex presidente alla situazione del Paese da quando è ricomparso in pubblico lo scorso 7 luglio, dopo quattro anni di assenza per malattia. Nelle sue apparizioni pubbliche Fidel ha parlato sul rischio che esiste, secondo lui, di una guerra nucleare tra gli Stati Uniti e l’Iran. Tre settimane, poi, Fidel aveva stupito il mondo parlando per due ore ad un comizio in piazza all’Avana, davanti a decine di migliaia di cubani.
Un anno dopo essere arrivato alla presidenza, Raul Castro, 79 anni, ha promesso nel 2007 “cambi strutturali”. Nella prima sessione parlamentare di quest’anno, tenutasi ad agosto, lo stesso Raul ha annunciato che il governo continuerà ad affidare in gestione piccoli negozi ai loro dipendenti, andando dunque oltre le botteghe di barbiere, ma senza puntare ad una vera economia di mercato. Nell’annunciare l’aumento del numero dei liberi professionisti e la riduzione dei lavoratori statali, Raul Castro ha definito queste decisioni un “cambio strutturale” per rendere il sistema socialista “sostenibile” nel futuro.
Riforme e modificazioni, insomma, ma sempre nell’ambito del sistema socialista. Il governo di Raul sta studiando, “senza fretta”, un “aggiornamento del modello economico cubano retto dalle categorie economiche del socialismo e non del mercato”, ha dichiarato d’altra parte ai giornalisti il Ministro dell’Economia Marino Murillo. “Rimarrà la pianificazione centralizzata. La proprietà non sarà consegnata ai dipendenti”, ha sottolineato Murillo.
Nell’intervista Castro ha anche criticato il presidente iraniano Ahmadinejad esortandolo a smetterla di negare l’Olocausto e a diffamare gli Ebrei. “Credo che nessuno al mondo – osserva Castro – abbia ricevuto lo stesso trattamento riservato agli Ebrei. Non c’è niente a confronto dell’Olocausto”. Secondo il padre della rivoluzione cubana, il governo di Teheran servirebbe meglio la causa della pace riconoscendo “l’unicità” della storia di Israele e provando a capire meglio perché Israele teme per la sua sopravvivenza.
martedì 12 ottobre 2010
NUOVE PAGINE SUL BLOG
SONO STATE ATTIVATE DUE NUOVE PAGINE:
"EVENTI DI PACE" nella quale parleremo e citeremo tutti gli eventi che si svolgeranno in favore della PACE e della NON VIOLENZA.
"STORIE DI PACE" nella quale ogni settimana si parlerà di uomini e donne che hanno dedicato o che dedicano la loro vita alla PACE e alla NON VIOLENZA
A BREVE TERMINE VERRANNO AGGIUNTE ALTRE PAGINE PER RENDERE QUESTO BLOG SEMPRE PIU' AGGIORNATO E AL PASSO COI TEMPI, SPERANDO CHE TUTTI INSIEME, OPERATORIDI PACE E NON POTREMO LOTTARE PER COSTRUIRE UN NUOVO MONDO DOVE PACE E NON VIOLENZA SIANO ALLA BASA DEL NOSTRO SANO VIVERE.
"EVENTI DI PACE" nella quale parleremo e citeremo tutti gli eventi che si svolgeranno in favore della PACE e della NON VIOLENZA.
"STORIE DI PACE" nella quale ogni settimana si parlerà di uomini e donne che hanno dedicato o che dedicano la loro vita alla PACE e alla NON VIOLENZA
A BREVE TERMINE VERRANNO AGGIUNTE ALTRE PAGINE PER RENDERE QUESTO BLOG SEMPRE PIU' AGGIORNATO E AL PASSO COI TEMPI, SPERANDO CHE TUTTI INSIEME, OPERATORIDI PACE E NON POTREMO LOTTARE PER COSTRUIRE UN NUOVO MONDO DOVE PACE E NON VIOLENZA SIANO ALLA BASA DEL NOSTRO SANO VIVERE.
IO STO CON EMERGENCY
PER INAUGURARE LA NUOVA PAGINA DEL SITO DEDICATA AD INIZIATIVE ED EVENTI A FAVORE DELLA PACE E DELLA NON VIOLENZA, SOSTENIAMOI LA CAMPAGNA DI EMERGENCY, CHE DA ANNI INTERVIENE NEI PAESI IN GUERRA PER CURARE I FERITI, PER LA COSTRUZIONE DI UN'OSPEDALE IN SIERRA LEONE.
Manda un SMS al 45506
Dall'11 al 31 ottobre puoi donare 2 euro a Emergency inviando un SMS al numero 45506 dal tuo telefonino personale - per i clienti TIM, VODAFONE, WIND, 3 e COOPVOCE - o chiamando allo stesso numero da rete fissa TELECOM ITALIA.
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L’Afghanistan ci costa 51 milioni al mese, Strada: “E non sanno neppure dove si trova”
L’Afghanistan ci costerà 51 milioni al mese, quest’anno. A fronte dei 45 dell’anno scorso. In febbraio il Senato ha votato il rifinanziamento della missione, e da giugno la spesa sarà ancora più alta. La Russa l’ha detto: arriverà un altro migliaio di sodati. Eppure l’invio e la permanenza del nostro contingente, a fronte del “pantano” che la missione si sta dimostrando essere, sembra collimare sempre meno con l’articolo 11 della Costituzione, quel “L’Italia ripudia la guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali” fin troppo ignorato.
Gino Strada, di Emergency, è del tutto contrario alla riconferma dell’invio di nostri soldati. ”Vivo questo voto con l’animo disgustato da questa classe politica, che definisco di delinquenti politici. Perché quando una classe politica, la stragrande maggioranza del parlamento, vota contro la Costituzione del proprio paese, delinque contro la propria Costituzione, quindi il termine è appropriato. Oltre questo – ha continuato Strada – c’è lo sdegno per chi non vuol vedere la strage di civili che sta avvenendo in questi giorni, proprio in queste ore, dove si stanno compiendo crimini di guerra inauditi. Non solo si massacrano civili ma si impedisce che i feriti vengano evacuati negli ospedali. Di questo, ovviamente, abbiamo numerose testimonianze, da parte dei pochi che sono riusciti a superare i cordoni che le forze di occupazione hanno disposto intorno ai luoghi dei bombardamenti. Chiediamo ancora, con forza, che si apra un corridoio umanitario per soccorrere la popolazione civile di Marjah“.
Il capo dell’associazione volontaria ha poi un appunto da fare sui mezzi del contingente italiano. Il ministro della Difesa aveva assicurato: i nostri velivoli non possono portare agli errori cui hanno condotto i militari americani. ”Al ministro chiedo, e allora cosa sono i nostri, aerei da turismo? – ha commentato, duro, il medico – Cosa fanno, portano in giro i turisti a vedere i bombardamenti? Cosa ci fanno gli aerei militari in zone dove si sta bombardano? Sono affermazioni ridicole. Piuttosto, possiamo indicare alcuni dei pericolosi terroristi feriti dalle operazioni militari nella zona di Marjah. Feriti, perché i morti non li vediamo. Un ragazzo di 10 anni di nome Fasel, una bambina di 12 di nome Rojah che stava prendendo acqua al pozzo e si è presa una pallottola in un fianco, Said, di 7 anni, con una pallottola nel torace, un bambino di 9 anni di nome Akter che stava guardando dalla finestra quando gli hanno sparato in testa… questi sono i talebani“.
“I nostri politici – ha detto Gino Strada – non sanno niente dei talebani, non sanno di cosa parlano. Non saprebbero nemmeno indicare l’Afghanistan su una cartina muta. Purtroppo, questa è la gente che prende decisioni costano la vita a tanti afgani. E che costa una quantità di soldi impressionanti agli italiani. Siamo un paese dove si perdono centinaia di migliaia di posti di lavoro e si buttano via centinaia di milioni in una guerra per sostenere questo piuttosto che quel governo afghano. Mi piacerebbe avere un parlamento decente. Sull’Afghanistan continuano a dire agli italiani bugie clamorose, palle gigantesche. L’unica cosa da fare è smettere di sostenere questa classe politica. Io, personalmente, mi rifiuto di andare a votare. Lo farò quando ci saranno politici degni di questo nome”.
Cordoglio per i nostri quattro militari. E' giunta l'ora di dire basta.
Oggi 12 ottobre 2010, si stanno svolgendo i funerali di stato dei quattro militari italiani uccisi sabato scorso in un nuovo attentato dei talebani. Estremo cordoglio per questi ragazzi mandati a morire in una guerra senza motivo. Noi diciamo basta, non possiamo più permetterci di mietere altre vitime innocenti, altri soldati mandati a morire. E' giunto il momento di dire basta e far capire ai nostri politici che la loro guerra è una guerra ingiusta, una che combattono senza il nostro consenso, senza che rispettino la nostra Costituzione. L'Italia ripudia la guerra e i nostri politici sono dei pezzi di MERDA.
NON POSSIAMO PERMETTERE CHE QUESTI PERSONAGGI CONSENTANO TUTTO QUESTO INGIUSTAMENTE.
CORDOGLIO CARI FRATELLI, UN MESSAGIO D'AMORE VA ALLE VOSTRE FAMIGLIE CHE HANNO SEMPRE CREDUTO IN VOI. TUTTO DEVE FINIRE, NON PIU' GUERRE INGIUSTA PER UNA CAUSA IRRONEA. BASTA CON CHIACCHIERE INUTILI, BASTA CON LA GUERRA PER LA CONQUISTA DEL PETROLIO, SPACCIATA PER UNA GUERRA AI TALEBANI, CHE SONO CAPRI ESPIATORI DI QUESTA INGIUSTA GUERRA.
NON POSSIAMO PERMETTERE CHE QUESTI PERSONAGGI CONSENTANO TUTTO QUESTO INGIUSTAMENTE.
CORDOGLIO CARI FRATELLI, UN MESSAGIO D'AMORE VA ALLE VOSTRE FAMIGLIE CHE HANNO SEMPRE CREDUTO IN VOI. TUTTO DEVE FINIRE, NON PIU' GUERRE INGIUSTA PER UNA CAUSA IRRONEA. BASTA CON CHIACCHIERE INUTILI, BASTA CON LA GUERRA PER LA CONQUISTA DEL PETROLIO, SPACCIATA PER UNA GUERRA AI TALEBANI, CHE SONO CAPRI ESPIATORI DI QUESTA INGIUSTA GUERRA.
sabato 2 ottobre 2010
Giornata mondiale della nonviolenza: assicurare i diritti umani
Si celebra oggi, 2 ottobre, la 'Giornata internazionale della nonviolenza'. Istituita dall''Onu lo scorso anno, la giornata - che ricorre nell'anniversario della nascita del Mahatma Gandhi - intende "promuovere una cultura della pace, della tolleranza, della comprensione e della nonviolenza". "L'ispirazione che ci viene dal Mahatma Gandhi è oggi necessaria più che mai" - evidenziava il Segretario Generale dell'Onu, Ban Ki-Moon lo scorso anno inaugurando le celebrazioni della giornata.
Nel suo messaggio per la Giornata odierna Ban Ki-Moon sottolinea lo "speciale significato" della ricorrenza quest'anno in cui si celebra il 60° anniversario della 'Dichiarazione Universale dei diritti umani'. "C'è un profondo filosofico legame tra i principi fondamentali dei diritti umani racchiusi nella Dichiarazione Universale e quelli praticati dal Mahatma Gandhi" - afferma Ban Ki-Moon mettendo in risalto che "la risposta per il Mahatma Gandhi è da trovarsi nell'agire" - cioè secondo le parole del Mahatma - "un'oncia di azione ha più valore di tonnellate di predicazione". "E' nostro impegno assicurare che i diritti proclamati nella Dichiarazione Universale diventino una realtà viva, che siano conosciuti, compresi e goduti da tutti e ovunque" - continua Ban Ki-Moon. Ricordando che "i diritti di troppi popoli sono tuttora violati il Segretario Generale dell'Onu conclude sottolineando che "proprio per questo l'eredità del Mahatma Gandhi è oggi più importante che mai".
In occasione della Giornata ha preso il via il progetto "Interventi civili di pace", frutto di un coordinamento tra sette diversi soggetti della società civile italiana attivi nel campo dell'educazione alla pace e alla nonviolenza e dei diritti umani.
Numerosi gli eventi e le manifestazioni nel mondo e anche in Italia: in particolare vanno ricordati quelli promossi e segnalati dal movimento Umanista che dal 17 al 19 ottobre celebrerà il Forum Umanista Europeo con il convegno "La forza della nonviolenza". A Firenze nell'ambito della campagna 'Il prossimo sono io' verranno esposte in Piazza della Signoria le centinaia foto di persone che si sono fatte fotografare per denunciare le "politiche della sicurezza" che colpiscono gruppi circoscritti e minoranze, finendo per negare i diritti di tutti.
Il Centro di ricerca per la pace di Viterbo presenta sul settimanale online "La nonviolenza è in cammino" diversi interventi di approfondimento e attualità sulla nonviolenza.
"Antica come le montagne ma attualisssima, la nonviolenza" - afferma Michele Boato. In tempi di Irak, Afghanistan, Georgia, persecuzione dei rom, minaccia nucleare, ecc. ecc. la nonviolenza è un faro che ci deve guidare sia nelle nostre azioni, che nella valutazione di cio che succede nel mondo: stare dalla parte dei più deboli, dire la verità senza terrorismi di alcun genere, nella fiducia che anche il peggior "nemico" può cambiare, che la coscienza dei subalterni può ribellarsi, che la verità è rivoluzionaria. E' la forza della verità il cuore della nonviolenza così come Gandhi ce l'ha trasmessa, ma prima di lui Gesù Cristo, Ildeagarda da Bingen, Francesco e Chiara d'Assisi, Tolstoj, e una infinita processione di persone più o meno sconosciute, che ha difeso la terra, i poveri, i lebbrosi, gli extracomunitari. E' la nonviolenza il cuore del vero progresso, quello dei diritti, del ben-essere, della pace e della cooperazione".
"Di fronte alla insidiosa e strisciante scia di violenza che serpeggia un po' ovunque non basta più sedersi a discutere sul da farsi. Bisogna agire, bisogna farsi sentire, bisogna non temere di far vedere che il popolo della nonviolenza esiste e resiste" - sottolinea suor Elisa Kidane nel suo intervento. "Nonviolenza, ce lo insegna Gandhi, non è latitanza dagli impegni sociali e politici. Di fronte alla insidiosa e strisciante scia di violenza che serpeggia un po' ovunque bisogna mettersi in marcia, avere il coraggio di camminare in mezzo alla gente, di entrare in tutti quei luoghi, quali la scuola, le università, le fabbriche, una volta fucine di cambi sociali in favore dei più deboli. Bisogna riappropriarsi dell'impegno morale di impedire che il male prevalga su questa nostra umanità, il cui unico sogno è di vivere dignitosamente. E' l'imperativo della nonviolenza. Sull'esempio di quelle miriadi di persone, in tutti i sud del mondo, che ogni mattina, nonostante il fardello che sono obbligate a portare sulle spalle, riprendono il cammino del coraggio e tracciano sentieri e mete per dare un volto nuovo a questa società, sazia di benessere e stanca di sognare".
"Il ricordo del Mahatma Gandhi è ancora una volta occasione per accendere l'attenzione sulle tante violenze del nostro tempo; un'occasione per dire tanti no e un solo grande si': un'occasione per dire sì alla pace" - ribadisce Leoluca Orlando. "La pace è no alla guerra, ed è sì al rispetto della persona umana. Nonviolenza e pace si intrecciano vicendevolmente nel messaggio gandhiano in un tempo nel quale l'umanità si acquieta nel constatare e nel tentare di perseguire il no alla guerra, ma incapace di andare oltre, incapace di cogliere - come oggi ci ricordiamo di esser nostro dovere cogliere - l'obiettivo di vivere in un mondo senza violenze, senza guerre ma capace di vivere anche compiutamente il rispetto della persona umana, di ogni persona umana; il rispetto di quelli che sono - troppo volte mortificati - i diritti umani".
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