Post di Pace...

domenica 14 aprile 2013

Raccontare la Pace ai bambini…“Riflettori di Pace”


Cari lettori, quella che voglio raccontarvi è la storia di un’esperienza di pace, nel quale sono stato piacevolmente coinvolto da alcuni miei amici. È la storia di un premio per la Pace, che hanno istituito i ragazzi dell’Azione Cattolica Ragazzi della Parrocchia di Santa Maria delle Grazie di Monterotondo, il mio paese. Il concorso al quale ho partecipato, perché chiamato da questi miei amici si chiama “Riflettori di Pace” dove ogni anno, 4 persone della comunità locale sono chiamati a raccontare la loro testimonianza di Pace ai bambini, portando l’esempio della loro vita vissuta ogni giorno di esperienze con persone speciali. Quest’anno è stato chiesto anche il mio intervento di Pace e vi assicuro che non è stato facile. Al concorso quest’anno, che come detto è giunto alla IV edizione, sono intervenuti anche Suor Amalia, Renzo Donati e Stefania, che hanno raccontato le loro esperienze di Pace. Alle fine il vincitore sono nominato io, quel che conta però, non è il premio in sé anche se del tutto inaspettato, ma il fatto che a vincere è sicuramente la Pace, perché le altre testimonianze sono state davvero emozionanti, come quella di Suor Amalia che si occupa di assistenza per anziani nella casa di cura “Don Giuseppe Boccetti” di Monterotondo, oppure la testimonianza di Renzo Donati che da anni si occupa disabili presso la Casa Famiglia “Il Sicomoro” a Poggio Mirteto e Stefania Donati che si occupa di assistenza per disabili presso “Il sicomoro” con il marito Renzo, sopracitato. 
Quando ho ricevuto la chiamata di questi miei amici, ed in particolare di Silvia, che hanno indetto il Premio “Riflettori di Pace”, sono rimasto senza parole e fino al giorno della mia testimonianza, sono stato in piena confusione cercando di capire quali potessero essere le parole giuste per raccontare la Pace ai bambini. Mi chiedevo se ne fossi stato in grado, se avrei dovuto preparare qualcosa di scritto che mi indicasse la strada giusta. Ebbene alla fine, ho deciso parlare con il cuore e lasciare tutto al caso, ma non darlo per scontato, affidandomi alla strada che in qualche modo mi ha indicato il Signore, anche se ammetto di essere cattolico ma non sempre praticante. Ho deciso di portare con me qualcosa che mi appartenesse, qualcosa che potesse rappresentare la mia vita di Pace. Per aiutarmi ho fatto un cartellone che rappresentava un albero che rappresentasse la mia Pace e tutti i suoi rami erano le parole, anzi i valori che ho attribuito alla Pace e che poi cerco di attuare nel mia vita e nel lavoro che amo, ovvero lavorare con i ragazzi disabili. Ho portato inoltre due libri “Se ti abbraccio non aver paura” di Fulvio Ervas e “Siamo Speciali” di Paola Viezzer, come testimonianza di quel che vivo ogni giorno e una medaglia vinta con la mia squadra di calcetto composta da ragazzi con disabilità intellettiva e sindrome down, che alleno da circa tre anni. Non avevo un’idea chiara su come sarebbe andata la mia testimonianza, ma quello che so è che avrei voluto trasmettere delle emozioni forti a quei bambini che avevo di fronte e che si stavo impegnando, grazie anche al supporto dei loro educatori Gianluca, Silvia, Ilaria, e Andrea a valorizzare il significato di Pace. Nel corso della mia testimonianza, nonostante l’emozione che prendeva il sopravvento, ho cercato di raccontare la Pace con semplicità e portare il mio esempio come valore fondamentale, per qualcosa di importante da non sottovalutare, cercando di diffonderne i valori e dandole un valore concreto senza che la Pace resti utopia. Quando parlavo della mia vita di Pace, cercando il più possibile di coinvolgere i bambini, ho raccontato la mia esperienza e per fa capire loro quanto fosse bello il mio lavoro, ma nonostante anche difficile, ho voluto leggergli la storia “Tartagiù” tratta dal libro “Siamo Speciali” di Paola Viezzer per far capire loro un aspetto della disabilità e quanto fosse difficile per gli altri accettare la diversità. Questa storia mi è servita per far capire loro che non è facile lavorare con i ragazzi disabili, che non è facile riuscire ad entrare nel loro “mondo”, che non è facile inserirli nelle dinamiche sociali nelle quali vivono e che spesso li discriminano ingiustamente. Un altro elemento che mi ha aiutato molto è stato accennare lo strepitoso libro di Fulvio Ervas “Se ti abbraccio non aver paura” che racconta il viaggio di un padre con suo figlio, affetto da autismo, che scopre quanto sia importante il suo legame con il suo figlio speciale che gli ha dato tanto, senza lasciare nulla al caso e capendo che l’amore va oltre la diversità. Ed è quello che ogni giorno capita a me, cercando di dare il mio amore ai bambini che educo a scuola, cercando di stimolarli con le passioni e cercando di inserirli in questa società che spesso li discrimina senza motivo. Quando ogni giorno cerchi di dare il tuo supporto, verrai ripagato con affetto e finisce che ogni bambino ti affezioni perché ti lascia qualcosa di speciale che non potrai mai dimenticare.
Infine, ultimo, ma non per importanza, elemento per raccontare la mia esperienza, è stata una delle medaglie vinte in un torneo Special Olympics con i miei ragazzi Speciali del Reale Circolo Canottieri Tevere Remo, che alleno a calcetto ogni martedì. È la testimonianza di un amore e di una passione che ogni giorno vivo che va oltre ogni significato agonistico, ma che premia i valori e il rispetto di ragazzi che hanno bisogno di essere amati e accolti. Le emozioni che provo quando scendo in campo con loro, non si possono descrivere con poche semplici parole, ma vi assicuro che ogni loro gesto, ogni loro abbraccio, ogni momento condiviso insieme, è un’emozione unica che mi fortifica e mi fa capire che basta poco per vincere la diversità, che basta poco amare ed essere amati. Il piacere di scendere in campo con i miei ragazzi Speciali, mi riempie il cuore e vorrei che attraverso il calcio, riuscissimo a portare quei valori di Pace, di integrazione, di amore, di amicizia, di fratellanza, che purtroppo oggi non sempre vengono condivisi. La settimana successiva, ricevere il Premio, un raccoglitore con tutti i disegni sulla Pace, dei bambini che hanno partecipato a questo incontro, è stato davvero emozionante e come detto inaspettato. La cosa che più conta però, non è il premio in sé, ma quello che rimarrà nel cuore e quel che continuerò a fare, diffondere la Pace e i suoi valori, finché vivrò.
Permettetemi un’ultima considerazione sulla Pace, perché questo Premio, che per me è fondamentale riconoscimento a quanto fatto finora nella mia vita, non è forse riconosciuto ad alto livello, non è certo paragonabile al Premio Nobel per la Pace, al quale certo non posso ambire io, ma posso dirvi che il Premio “Riflettori di Pace” è il mio Premio Nobel per la Pace e non resta che dire un grazie a Silvia, Gianluca, Ilaria, Andrea e tutti gli altri che mi hanno dato questa grande occasione di Pace, con la speranza che il mio contributo di Pace, possa essere per tutti noi un piacevole continuo nella nostra vita, portando e valorizzando la Pace e la Non violenza ogni giorno della nostra vita.  

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