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Libri di Pace

La favola della vita vera di Alessandro Piperno Il ventiduenne Tati Cohen ha passato gran parte della propria vita convinto di essere in punto di morte a causa di una malattia fatale. Le premurose e quasi ossessive cure della madre lo hanno sottratto ad ogni attività, ad ogni contatto reale con il prossimo nel tentativo di evitare qualunque aggressione al già indebolito sistema immunitario. Di fatto Tati Cohen ha vissuto come se fosse già morto, fino al giorno in cui inaspettatamente riceve la notizia di una totale ed assolutamente imprevista guarigione. Tati aspetta pazientemente che la madre allenti finalmente la morsa delle proprie attenzioni e che gli lasci lo spazio per cominciare di nuovo a vivere nel mondo esterno, ma la donna sembra incapace di rinunciare al proprio ruolo e ricatta psicologicamente il figlio, instillandogli il dubbio di essere ancora malato e incapace di sopravvivere da solo. Il ragazzo decide di fuggire dalla propria prigione approfittando dell'invito al matrimonio dell'amico Martin, conosciuto su internet da molto tempo. La fuga è simile ad una avventura, visto che Tati non ha mia vissuto “una vita vera” interagendo con il prossimo, ed ha solo i riferimenti del mondo dei film per orientarsi e capire come comportarsi. Ogni particolare, ogni piccola comodità della vita da persona sana, come quello ad esempio di bere un caffè, assume una importanza emotiva grandissima per il giovane. L'aspetto da “favola” dell'impresa di Tati è aumentato dal fatto che Martin appartenga all'alta società e abbia organizzato il proprio matrimonio con grandissimo sfarzo, cosicché tutto assume contorni fiabeschi e alimenta i dubbi di Tati su sé stesso e sul fatto di essere adeguato al mondo. La storia ideata da Piperno è sicuramente molto interessante: l'idea di una mente che si trovi ad affrontare una vita reale dopo aver vissuto solo in un mondo chiuso è affascinante e penso avrebbe meritato uno sviluppo più lungo di questo breve racconto. Di fatto l'autore ha dovuto un po' forzare la mano allo sviluppo della trama, come del resto ammette egli stesso, quando abbandonando la forma del narratore onnisciente interviene a commentare direttamente un pensiero del proprio personaggio, dando in maniera forse un po' troppo esplicita la chiave interpretativa del racconto al lettore (la vita vera non è quella di chi vive nel lusso, cercando di riempire i vuoti della propria esistenza, forse è proprio Tati a vivere più intensamente degli altri). Magari con qualche dialogo in più avrebbe ottenuto lo stesso risultato, ma del resto la scelta dello scrittore potrebbe essere dovuta al fatto che questo racconto è stato inserito in una raccolta a lunghezza forse prestabilita; ho comunque apprezzato lo stile dell'autore e la capacità di descrivere il misto di euforia e paura di Tati.







Teoria e pratica della non violenza di Mohandas K. Gandhi Uscita in prima edizione da Einaudi nel 1973, questa antologia vuole offrire al lettore i materiali per conoscere e approfondire criticamente le concezioni etico-politiche di Gandhi, intese come unità di pensiero e di azione. Nella prima parte del volume, il curatore ha ordinato una serie di scritti concernenti i principi fondamentali della non violenza: la distinzione tra la non violenza del forte e la non violenza del debole, il rapporto tra il fine e i mezzi, l'atteggiamento nei confronti della violenza e della guerra, le idee sociali e politiche. Nella seconda parte si discutono le questioni pratiche: la preparazione dei non violenti e i requisiti che devono avere, la natura delle varie tecniche di lotta non violenta.












Con gli occhi del nemico di David Grossman Cosa può fare uno scrittore per aiutare il proprio paese a ritrovare la pace? David Grossman ha una risposta, semplice e profonda come tutte le grandi verità: scrivere, raccontare, creare storie e personaggi in grado di far entrare i lettori nella pelle di un altro, farli pensare con la testa di un altro, far loro guardare la realtà con gli occhi di un altro. Anche se l'altro è un nemico. "Quando abbiamo conosciuto l'altro dall'interno, da quel momento non possiamo più essere completamente indifferenti a lui. Ci risulterà difficile rinnegarlo del tutto. Fare come se fosse una "non persona". Non potremo più rifuggire dalla sua sofferenza, dalla sua ragione, dalla sua storia. E forse diventeremo anche più indulgenti con i suoi errori." I milioni di lettori di Grossman sanno che è possibile, per un personaggio inventato, diventare - come per miracolo - una persona vera, viva e intimamente familiare: un miracolo che solo la letteratura può compiere, e che incanta gli uomini da sempre. Ma che è anche un dono prezioso per chi vive in un paese in guerra, un dono capace di accendere una speranza e indicare una via di uscita dal tragico labirinto del conflitto tra israeliani e palestinesi. Scrivere diventa, allora, un mezzo per rendere il mondo meno estraneo e nemico, il dolore meno paralizzante e insopportabile, il linguaggio meno povero e fossilizzato dagli stereotipi dell'odio e della paura."





La guerra come menzogna di Giulietto Chiesa. è un saggio che aiuta a disintossicarsi dalle troppe menzogne diffuse dagli organi di (dis)informazione di massa del Sistema a partire dall'11 settembre 2001. "Un paese - scrive l'Autore - non può essere considerato democratico se gran parte dellapopolazione è soggetta a una comunicazione manipolata e a un'informazione sostanzialmente falsa. Il quadro che abbiamo di fronte dice che ci stanno portando via la democrazia, anche se non c'impediranno di andare a votare. Anzi: noi continueremo ad andare a votare, senza renderci conto (o dimenticando) che l'esercizio democratico è cosa ben diversa dall'esercizio del voto. Quest'ultimo ne è solo una parte, necessaria ma non sufficiente per identificare come democratica una società. Ma è evidente che l'esercizio di voto perde ogni sostanza e diventa una pura procedura formale se chi vota non è più in grado di scegliere, di distinguere tra le varianti, tra i programmi, tra le opzioni possibili. Ed è l'informazione che rende possibile conoscere ciò che importa scegliere". Interessante è l'osservazione di Giulietto Chiesa circa la Russia di Putin: "[La guerra all'Afghanistan] era cominciata come la grande guerra contro il terrorismo. Il risultato è una geografia politica dell'Asia centrale completamente rivoluzionata. Putin ha ingoiato e, in questo senso, è saggio. Non strilla perché sa che è inutile. Ma il silenzio russo non dev'essere interpretato come acquiescenza. Ci sono brontolii profondi e minacciosi, è solo questione di tempo e si sentiranno. Nel dicembre 2001, Putin ha varato il sommergibile Ghepard, il più tecnologico sommergibile nucleare mai concepito dalla ricerca militare russa, cioè sovietica. Le stesse fonti americane hanno scritto che è una novita assoluta. Il che significa che questo sottomarino nucleare, armato di almeno 120 missili a testata multipla, diventa una pericolosissima arma strategica. E' la prima volta dalla fine dell'Unione Sovietica che la Russia vara un sommergibile nucleare, un anno dopo la fine del Kursk". La vera spina nel fianco degli Stati Uniti, tuttavia, è la Cina. "Della Cina - scrive l'Autore - si dovrà parlare a lungo. Il destino, la storia, le hanno assegnato un ruolo centrale nel secolo che è appena cominciato. E' la Cina il vero problema di Washington. E' alla Cina che era dedicato il PNAC, il Progetto per il Nuovo Secolo Americano. I dirigenti cinesi lo sanno perfettamente. E non ci sarà ripresa, o ripresina, di Wall Street a togliere di mezzo questo problema, che andrà a cozzare contro l'assioma di Bush, e che fu di Reagan: il tenore di vita del popolo americano non è negoziabile". Chiesa non si attende una risposta popolare di massa negli Stati Uniti ostile alla guerra: "Chi è stato colpito dal virus dell'iperconsumismo, chi ha percorso fino in fondo la strada che lo trasforma in consumatore senza rimedio, trova arduo capire l'esistenza dei problemi di cui stiamo discutendo. Semplicemente non li vede. E' diventato cieco. Se è vero che - come è stato scritto molto efficacemente - in questi dieci anni gli americani si sono arricchiti dormendo, come gli si può spiegare che devono svegliarsi? E' difficile, per loro. Anche per noi, tra non molto, sarà difficile







Il razzismo spiegato a mia figlia di Tahar Ben Jelloun Questo bellissimo libro, è un bellissimo romanzo scritto in forma di dialogo, dello scrittore franco-marocchino pubblicato nel 1998 e tradotto in oltre 25 lingue. Tema principale del libro è il Razzismo, che l'autore descrive tramite numerosi argomenti causa e conseguenza dell'altro. Il romanzo, viene fuori come una sorta di dialogo tra lo scrittore e la figlia di 10 anni che pone numerose domanda sul significato di questa parola, dopo aver partecipato con il padre a diverse manifestazioni pacifiche in difesa dei diritti umani e contro il razzismo. Una commovente storia, che ci esprime le difficoltà di un padre nel far comprendere il vero significato di questa parola così forte, raccontando in che modo si manifesta il razzismo e come si può dire basta a questo atteggiamento discriminatorio che la società odierna assume oggi. 





Il mago del vento di Vauro Senesi "Tutto ciò che devi sapere è già dentro di te. Nessuno può insegnartelo perché ti appartiene. Solo che devi scoprire di averlo, accettarlo e imparare a usarlo. Forse in quest'ultima cosa sì, io posso aiutarti, come la vita stessa nel suo accadere ti aiuta segnalandoti un cammino, il tuo cammino. Ma tu devi cogliere i segnali che ti dà, non dolertene o lamentartene perché altrimenti ti perderai per strada e sarai per sempre infelice, ché quando non si conosce ciò che si ha si desidera continuamente altro e il desiderare acceca lo spirito." Due uomini, incrociano per un attimo lo sguardo. Sono Mendez, un messicano andato in Iraq a combattere per ottenere la cittadinanza americana, e Fahim, un giovane uomo iracheno capace di guidare con la sua lunga canna stormi di piccioni e osservare il mondo attraverso i loro occhi. Baghdad è stata da poco conquistata dall'esercito americano, tutt'intorno solo macerie. La piuma di un piccione si posa sulla mano di Fahim che torna con la mente a tanti anni prima, alla fionda donatagli dal fratello Ali. Ripensa alle loro allegre sfide fino al giorno in cui  ci fu uno strano incidente: un sibilo sempre più forte era esploso nella testa di Fahim che cade in una specie di trance. Ali vorrebbe scuoterlo, ma lui fugge terrorizzato, infuocato dalla febbre, con una piuma di piccione stretta in mano. Giunge la sera Ali torna a casa da solo, racconta l'accaduto e iniziano le ricerche di Fahim. Il ragazzo viene trovato ma non sente più nulla, il silenzio lo circonda. Viene chiamato un medico e viene diagnosticato il morbillo. La malattia è violenta e la prima conseguenza è la perdita dell'udito. Viene condotto a Baghdad da uno specialista per capire se è possibile fargli recuperare l'udito: tutto inutile, quella sordità non è reversibile. Iniziano giorni difficili, la menomazione lo riempie di rabbia e di diffidenza nei confronti degli altri, solo le saggie parole di Hasan, un vecchio senza una gamba, gli faranno capire che non può vivere in quel modo. Quella sordità crea fratture e problemi all'interno dell'intera famiglia, soprattutto al padre che inizia a bere in modo incontrollato. Fahim è in grande difficoltà ma Hasan gli insegna ad ascoltare e a dialogare con la natura: un rapporto salvifico per il piccolo sordo. La situazione in casa intanto precipita, Alì si è fatto grande e ormai disprezza apertamente quel padre perennemente ubriaco, così, per allontanarsi da lui si arruola come volontario. Hasan mostra a Fahim come i piccioni possano volare guidati dalle sue mani: un potere magico che gli resterà per tutta la vita. Passano gli anni, Ali, disperso in combattimento non è ritornato. Quella guerra finisce, siamo nel 1988, ma dopo poco più di un anno ne ricomincia un'altra. Muore il padre e per tre giorni parenti e amici invadono la casa per assolvere ai riti e alle cene funebri. Madre e sorella si traferiscono dal nonno e Fahim resta da solo nella casa di famiglia non rinunciando ad attendere il ritorno del disperso Ali. La guerra si fa sempre più disastrosa e nella grande casa vuota Fahim accoglie molti profughi. Ma ecco che la guerra finisce all'improvviso senza che nessuno ne capisca il motivo e un giorno davanti a lui si presenta un uomo lacero e in pessime condizioni: è Ali. Un incontro gioioso con madre e sorella e poi di nuovo Ali se ne va, temendo una denuncia come disertore. Anche Fahim va via, alla ricerca del fratello, seguito dal suo stormo di piccioni. Giunge a Baghdad, città che lo ammalia, dove incombe un'altra guerra che puntualmente esplode. Ed ecco che il romanzo, circolarmente ritorna al punto di partenza: Fahim è sulla terrazza con i suoi piccioni, il carro armato con il soldato americano lo osserva. Ma da una finestra un miliziano spara e colpisce, il soldato cade. il miliziano è Ali. Fahim apre la mano e libera nel vento la piuma che stringeva.








PER QUESTO MI CHIAMO GIOVANNI di Luigi Garlando 
Giovanni è un bambino siciliano. Per il suo decimo compleanno il padre Luigi decide di trascorrere una giornata insieme a lui, portandolo in giro per Palermo e parlandogli di Palermo e della mafia. Egli la paragona a ciò che succede nella sua scuola, dove è presente un bullo che sfrutta i più deboli per ottenere ciò che vuole . Durante la gita, il papà gli racconta la storia di Giovanni Falcone, dal maxiprocesso alla sua morte, avvenuta per mano della mafia. Quando arrivano a Capaci, dove avvenne il tragico fatto, i due si recano davanti alla casa di Falcone, dove ora si trova l'Albero Falcone, sui cui rami i bambini appendono i loro pensieri per Giovanni. Al termine della gita il papà confessa che anche lui un tempo aveva pagato il pizzo alla mafia e che, quando si rifiutò di pagare ancora, il suo negozio venne raso al suolo, ma con esso anche un pezzo di mafia. Giovanni, al termine di questa giornata densa di emozioni, decide di portare dei fiori alla signora Maria, sorella di Giovanni che lo accompagna all'albero Falcone. Il giorno dopo torna a scuola e si ribella a Tonio, compagno di scuola che lo obbligava a dargli i soldi per le figurine. Nel novembre del 2008 Rizzoli pubblica l'adattamento a fumetti a cura di Claudio Stassi autore della sceneggiatura e dei disegni. La sorella di Giovanni Falcone, Maria, ha contribuito a questo libro scrivendone la prefazione, oltre ad essere un personaggio secondario della storia insieme all'altra sorella Anna









Il CACCIATORE DI AQUILONI di Khaled Hossein è un romanzo ambientato in Afghanistan, Pakistan e Stati Uniti d'America e racconta la storia di due bambini di diverse etnie. Il primo è Amir, l'io narrante, un ragazzo afghano di etnia Pashtun; il secondo è Hassan, di etnia hazara, che insieme al padre Alì presta servizio nella casa di Amir. Amir ha un rapporto molto sofferto con il padre Baba, un uomo dalle mille risorse: si sente poco degno di lui e in colpa per la scomparsa della madre, morta di parto. Sembra quasi che Baba voglia più bene ad Hassan, per il quale giunge persino a pagare di tasca propria l'operazione per correggere il labbro leporino. I due bambini sono praticamente coetanei e crescono assieme nella città di Kabul; la loro più grande passione è partecipare all'evento del quartiere: la caccia agli aquiloni. Lo scopo di questo gioco è tagliare, per mezzo del proprio aquilone, il filo di quello degli altri giocatori. Gli aquiloni diventano di proprietà di chi li recupera. Chi taglia il filo del penultimo aquilone rimasto in aria ha vinto la competizione e se riesce poi a recuperarlo ne fa il suo trofeo. Nonostante Hassan sia il più bravo cacciatore di aquiloni di Kabul, i due non riescono ad avere successo finché, al suo dodicesimo anno di età, Amir riesce finalmente a vincere la gara restando l'unico con l'aquilone in volo. Alla vittoria suo padre Baba si mostra fiero di lui per la prima volta. Resta tuttavia da recuperare l'aquilone che Amir ha tagliato al momento della vittoria, per portarlo in trionfo. Hassan si mette subito sulle sue tracce e riesce a recuperarlo, ma si imbatte in tre ragazzi più grandi, che i due amici avevano già incontrato una volta, e il capo dei quali, Assef, è animato da odio razziale per l'etnia di Hassan. Quella volta Hassan, per proteggere il figlio dell'uomo presso cui lavora, aveva minacciato i ragazzacci con una fionda ed era riuscito a metterli in fuga. Ma ora questi ultimi, vedendolo solo, si vendicano di lui violentandolo, e lasciandogli in cambio l'aquilone. Amir assiste al fatto di nascosto ma non interviene per salvare il suo servo, non solo perché paralizzato dalla paura, ma soprattutto per timore di vedersi sfuggire l'aquilone, cioè il trofeo con cui sperava di conquistare definitivamente la fiducia di suo padre. Dopo questo avvenimento Amir si sentirà perciò in colpa, e cercherà di troncare i rapporti con Hassan per evitare i rimorsi che la sua presenza desta in lui. E farà in modo di mandarlo via dalla propria casa, insieme a suo padre Ali, accusandolo di un furto ai propri danni che Amir stesso in realtà aveva simulato. Nel 1981, durante l'invasione sovietica in Afghanistan, Amir e suo padre scappano in California. Arrivati a San Francisco, fanno i venditori al mercatino delle pulci dove Amir, diventato adulto, si innamora di una ragazza di nome Soraya, figlia di un ex generale afghano. Amir, molto portato per la narrativa, si laurea in Lettere, mentre il padre si ammala di cancro ai polmoni. L'ultimo gesto di affetto di Baba sarà aiutare il figlio a sposare Soraya. Negli anni '90 Amir riesce a pubblicare diversi libri, mentre falliscono tutti i suoi tentativi di avere figli.

Nel 2001 un vecchio e saggio amico di Baba, Rahim Khan, telefona dal Pakistan, dicendo ad Amir che c'è qualcosa che può fare per Hassan. Amir, da anni roso dai sensi di colpa, viaggia fino a Peshawar e incontra l'amico di famiglia, che gli racconta come Hassan si sia sposato e abbia avuto un figlio, Sohrab. Hassan e la moglie però sono stati uccisi un giorno dai Talebani per puro odio razziale, e Sohrab è finito in un orfanotrofio. Amir però scopre anche che Hassan è nato da una relazione tra Baba e la moglie di Alì, e che quindi è suo fratellastro. Scioccato, Amir decide di cercare suo nipote con l'aiuto di Farid, un amico di Rahim Khan. I due si travestono da Talebani e tornano a Kabul. All'orfanotrofio scoprono che un talebano diverse volte ha portato via bambini e bambine, che quasi mai sono tornati. Così Amir e Farid continuano a cercare Sohrab, contattando questo talebano durante un'esecuzione allo stadio. Arrivato a casa del talebano, Amir scopre che si tratta di Assef, il ragazzo che aveva violentato Hassan quando era bambino. Assef riconosce Amir, e fa portare Sohrab. Ordina alle guardie di lasciare andare Amir con il ragazzo, se Amir dovesse sopravvivere alla lotta. Attacca quindi Amir con il vecchio pugno di ferro e lo riduce in fin di vita, ma Amir ride perché si sente finalmente liberato dal senso di colpa per non aver soccorso Hassan anni prima. Sohrab, vedendo Amir in difficoltà, proprio come il padre in passato, punta una fionda contro Assef e questa volta lo acceca. Insieme scappano e, con Farid, raggiungono il Pakistan, dove Amir viene ricoverato in ospedale per le ferite subite. Racconta tutto il suo passato a Sohrab, e poco a poco si guadagna la sua fiducia e lo convince a venire con lui in America. A Islamabad Amir cerca di ottenere l'adozione di Sohrab all'ambasciata americana, ma, non potendone documentare la morte dei genitori, capisce che l'unico modo è far passare il bambino per un orfanotrofio. Lo comunica al bambino che, sconvolto dall'idea di entrare in una nuova "casa degli orrori", tenta il suicidio. I medici lo salvano ma Sohrab ormai si sente tradito definitivamente. Dopo aver risolto la pratica del visto e dell'adozione grazie a sua moglie, Amir torna con il nipote in America, dove Sohrab passa un anno in totale silenzio. Un giorno, ad una improvvisata caccia agli aquiloni, un angolo della sua bocca si piega ad un fugace sorriso, la prima crepa nel muro che ha creato tra lui e il mondo.







UNA BOTTIGLIA NEL MARE DI GAZA di Valérie Zennati (2005) Una giornata qualsiasi a Gerusalemme. Un attentato: un kamikaze in un caffè, sei morti, due giorni di telegiornali continui. Dopo una speranza di pace, la Città Santa sembra andare dritta all'inferno. Tal proprio non riesce ad accettare la situazione, ama troppo la sua città e la vita. Vorrebbe morire molto vecchia e saggia. Un giorno un'idea le illumina la mente: un messaggio in bottiglia potrebbe avvicinarla a una ragazza ''dell'altra parte'', in modo da superare, insieme, illusioni e disillusioni e cercare finalmente un'unità. Tal immagina già questa nuova amica, sogna di specchiarsi in lei. E intanto chiede al fratello di lasciare la bottiglia su una spiaggia di Gaza. Dentro, il suo indirizzo email e tante speranze. A inviarle una risposta è Gazaman, e non sembra certo un messaggio di pace. Titolo originale: ''Une bouteille dans la mer de Gaza''(2005).














IL CONTRARIO DELLA MORTE di Roberto Saviano (2008)
Il racconto narra la tragedia di una ragazzina diciassettenne napoletana che ha perso il promesso sposo, Gaetano, militare in missione inAfghanistan. Partendo da questa vicenda particolare l'autore racconta le difficoltà dei ragazzi meridionali che, non avendo altre opportunità per costruire una famiglia, decidono di partire per le missioni di pace: la stragrande maggioranza di queste truppe sono infatti costituite da ragazzi provenienti dalle zone più povere del sud Italia.















          








IL BAMBINO CON I PETALI IN TASCA di Anosh Irani (Scrittore indiano)Bombay, 1993. Chamdi ha 10 anni e vive alle porte della città, lontano dai violenti scontri tra induisti e musulmani, dalle moschee bruciate e dai negozi svaligiati. La sua non è una vera casa, è un orfanotrofio, perché i genitori lo hanno abbandonato appena nato. Il suo mondo è fatto del colore acceso delle bouganville, delle canzoni, dei giochi. E delle preghiere silenziose perché qualcuno arrivi e lo porti via. Ma lui ha un grande sogno, che Bombay si trasformi in una città senza tristezza, in cui i bambini possano giocare per le strade e in cui non ci sono figli senza genitori. Chamdi sa che quella degli orfani è una vita a metà, i loro occhi non splendono, hanno solo una luce presa in prestito: per questo sembrano tristi anche quando ridono. Così decide di andarsene, di partire alla ricerca del padre, con in tasca una manciata di petali di bouganville. Perdendosi per i vicoli sporchi e affollati, Chamdi incontra Sumdi e la sorella Guddi, che per strada vivono sin dalla nascita. E in breve si trova a chiedere l’elemosina insieme ad una spaventosa corte dei miracoli al servizio di un bandito senza pietà. Eppure Chamdi non vuole abbandonare i suoi sogni, e quando Guddi sarà in pericolo di vita, scoprirà quanto sia fragile l’innocenza ma quanto forte possa essere l’amicizia.




















IL SOGNO DELLA NON VIOLENZA di Martin Luther King (Politico, attivista e pastore protestante statunitense; Premio nobel per la Pace e la Non Violenza 1964)
Il reverendo Martin Luther King è un autentico simbolo della lotta afro-americana per i diritti civili. Tra le grandi figure del Novecento, è stato uno dei massimi leader di tutti i tempi e, assieme a Gandhi, un punto di riferimento imprescindibile nel dibattito sulla non violenza. In questo libro, curato dalla vedova King, sono raccolti alcuni pensieri del leader nero su questioni, tuttora attualissime, come il razzismo, i diritti civili, la giustizia, la libertà, la fede e la religione, la non violenza e la pace. Sono riportate alcune parti dei discorsi più celebri: I have a dream, pronunciato a Washington nel 1963, e I've been to the mountain top, l'ultimo prima di morire, a Memphis nel 1968. Chiudono il volume la proclamazione del Martin Luther King Jr Day, da parte del presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan nel 1986, e una cronologia.

"Io continuo ad avere un sogno. E' sogno che ha radici profondo nel sogno americano."





















BUSKASHI, VIAGGIO DENTRO LA GUERRA di Gino Strada (Medico fondatore di Emergency, associazione che cura le vittime di guerra in molti Paesi del Medio Oriente e dell'Africa)
La buskashì è il gioco nazionale afgano: due squadre di cavalieri si contendono la carcassa di una capra decapitata. E' un gioco violento e senza regole: l'unica cosa che conta è il possesso della carcassa, o almeno di quello che ne resta, al termine della gara. E' come il tragico gioco a cui partecipano i numerosi protagonisti del conflitto afgano, una partita ancora in corso, solo che al posto della carcassa c'è il popolo dell'Afghanistan. Buskashì è la storia di un viaggio dentro la guerra, che ha inizio il 9 settembre 2001, con l'assassinio del leader Ahmad Shad Massud, due giorni prima dell'attentato di New York. Un viaggio "clandestino" per raggiungere l'Afghanistan mentre il Paese viene abbandonato da tutti gli stranieri e si chiudono i confini. L'arrivo nella valle del Panchir, l'attraversamento del fronte sotto i bombardamenti per raggiungere Kabul alla vigilia della disfatta dei talebani, la conquista della capitale da parte dei mujaheddin dell'Alleanza del Nord, la Kabul "liberata": l'esperienza della guerra vista dagli unici testimoni occidentali della presa di Kabul.











LUNGO CAMMINO VERSO LA LIBERTA'. Autobiografia di Nelson Mandela (Politico, Premio Nobel per la Pace e la non violenza 1993)
"Ho percorso questo lungo cammino verso la libertà sforzandomi di non esitare, e ho fatto alcuni passi falsi lungo la via. Ma ho scoperto che dopo aver scalato una montagna ce ne sono sempre altre da scalare. Adesso mi sono fermato un istante per riposare, per volgere lo sguardo allo splendido panorama che mi circonda, per guardare la strada che ho percorso. Ma posso riposare solo qualche attimo, perché assieme alla libertà vengono le responsabilità e io non oso trattenermi ancora: il mio lingo cammino non è ancora alla fine." Dall'infanzia nelle campagne del Transkei alle township di Johannesburg, dalla prima militanza nell'Anc, attraverso 27 anni di carcere, al premio Nobel per la Pace e alla presidenza del suo Sudafrica. Il lungo cammino verso la libertà di Nelson Mandela è il lungo cammino del popolo nero verso la libertà politica e la conquista di un valore irrinunciabile: la dignità dell'essere umano.
 

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